La notizia ha iniziato a circolare in maniera ufficiosa nella giornata di giovedì 7 febbraio, per poi venire ufficialmente confermata il giorno seguente: Forza Italia e Alleanza Nazionale si presenteranno alle elezioni con un unico simbolo, quello del Popolo della Libertà (PdL).
Queste le parole di Silvio Berlusconi: «Non ci sarà nè il simbolo di Forza Italia nè il simbolo di AN, ci sarà il Popolo della Libertà in cui ci sarà subito l'unione di un gruppo parlamentare unico». Il leader del centrodestra ha aggiunto inoltre che il nuovo soggetto «sarà aperto a tutti coloro che vorranno aderire, spero anche l'Udc»; «La lista unica la faremo con An, con la nuova Dc ma anche con i Pensionati e con gli altri partiti che hanno rinunciato a presentare il proprio simbolo. Metteremo insieme i moderati italiani", «Mastella e Storace? Aspettiamo che ci dicano cosa intendono fare, e speriamo che vengano con noi».
La Lega Nord si federerà con il nuovo soggetto senza però confluirvi; l'Udc è titubante e sembra maggiormente orientato a non entrarvi, a differenza della minoranza secessionista guidata da Carlo Giovanardi, mentre Francesco Storace, leader del neonato partito La Destra, ha dichiarato: «Se l'alleanza corre con un simbolo unico, al quale non si sottraggono nè Bossi nè Casini, è un conto; ma se i simboli, anzichè quattro o venti, sono tre o sono due, non c'è alcun motivo non ci sia La Destra. Discriminazioni modello arco costituzionale anni Cinquanta non ne accettiamo»; Clemente Mastella infine, che al termine della riunione del Consiglio Nazionale dell'UDEUR che si è svolto sabato 9 febbraio non ha ancora sciolto il nodo alleanze, ha affermato: «Ci intriga il progetto del Ppe, ma è un processo che ci deve vedere protagonisti, e che non intendiamo subire. Se qualcuno pensa, specie al nord, che possa nascere a prescindere da noi, faremo le Termopili perché dobbiamo difendere la nostra dignità».
Alcune considerazioni.
I problemi maggiori che affliggono la politica italiana sono l'instabilità e l'ingovernabilità, fenomeni che sono alla base dell'inefficienza dei governi e che sono originati da un'estrema frammentazione partitica. Tutto ciò che contribuisce a ridurre la frammentazione non può quindi che essere valutato positivamente. Occorre però che si tratti di operazioni che semplifichino realmente e non solo in apparenza il quadro politico, motivo per il quale almeno per il momento non mi abbandono a facili entusiasmi.
Mi spiego meglio.
I governi che si sono succeduti fino ad ora sono stati scarsamente efficienti perchè sorretti da coalizioni ampie ed eterogenee composte da partiti che molto spesso fanno riferimento a culture politiche incompatibili tra di loro, con l'ovvia conseguenza che tutto ciò si traduce in esecutivi paralizzati e incapaci di decidere, in compromessi pasticciati e al ribasso e a continue liti e tensioni che -come detto- sono alla base dell'instabilità e dell'ingovernabilità che caratterizzano la scena politica nostrana.
Che differenza fa se le componenti che danno vita tutto ciò anzichè chiamarsi "partiti" si chiamano "correnti" e nominalmente fanno parte dello stesso soggetto?
A mio modo di vedere nessuna.
Anzichè verificarsi il contrasto, ad esempio, fra FI e l'Udc (come nella legislatura che è andata dal 2001 al 2006) si assisterà allo scontro tra la "corrente A" e la "corrente B" del PdL. Venerdì sera, nel corso della trasmissione televisiva "Otto e mezzo", in onda su La7, Gianni Alemanno, esponente di spicco di Alleanza Nazionale e leader della corrente Destra sociale, ha contestato un servizio sul nascente PdL perchè l'autore, Lanfranco Pace, lo aveva definito "moderato" e "liberale", mentre a suo dire non potava essere omesso l'aggettivo "nazionale". Chi conosce anche solo un po' AN dall'interno sa benissimo che nonostante il tempo trascorso la cosiddetta "svolta di Fiuggi" non è ancora stata completamente metabolizzata e che le frizioni fra le correnti Destra protagonista (quella di Fini) e Destra sociale sono all'ordine del giorno. Se in oltre dieci anni le due anime principali che compongono AN non sono riuscite a trovare una sintesi sull'identità e sugli indirizzi programmatici che deve avere il partito perchè questo dovrebbe avvenire più facilmente all'interno di un contenitore assai più ampio come quello rappresentato dal PdL?
Governi composti da un numero ristretto di forze politiche che si comportano in modo disciplinato non sono solo auspicabili ma necessari; a questo però non si arriva riducendo apparentemente il numero dei partiti con la creazione di macro-contenitori che al loro interno inglobano tutto e il contrario di tutto, seguendo la stessa identica filosofia delle vecchie coalizioni, ma attraverso fusioni intelligenti fra forze politiche omogenee e sopratutto attraverso riforme istituzionali ed elettorali. Occorre disperatamente una legge elettorale che consenta ai partiti più grandi attualmente esistenti di vincere da soli o quasi, in modo che non ci sia bisogno di fusioni artificiali e sostanzialmente inutili, ma che gli altri partiti vengano messi di fronte a tre alternative: rimanere fedeli alle loro idee e continuare a perdere, modificare realmente la loro linea politica, estinguersi.
Riassumendo: la novità rappresentata dalla nascita del PdL può effettivamente essere positiva, ma prima di gridare all'avvenuta conquista del tanto agognato bipartitismo occorre andarci cauti e valutare le modalità con cui verrà messa in atto. A mio avviso perchè si produca un effettivo miglioramento della qualità della nostra politica occorre che il progetto PdL non sia eccessivamente inclusivo, ma che riguardi un ristretto numero di partiti politicamente abbastanza omogenei, che dopo le elezioni si dia vita ad una seria fase costituente caratterizzata da modalità realmente democratiche (ovviamente questo vale anche in riferimento alla leadership) e soprattutto che la legge elettorale venga rivista in senso maggioritario, operazione che per potersi concretizzare per ovvie ragioni richiede un dialogo e un accordo con il Partito Democratico più che con gli alleati della Cdl.
Confesso di non essere molto ottimista.
Queste le parole di Silvio Berlusconi: «Non ci sarà nè il simbolo di Forza Italia nè il simbolo di AN, ci sarà il Popolo della Libertà in cui ci sarà subito l'unione di un gruppo parlamentare unico». Il leader del centrodestra ha aggiunto inoltre che il nuovo soggetto «sarà aperto a tutti coloro che vorranno aderire, spero anche l'Udc»; «La lista unica la faremo con An, con la nuova Dc ma anche con i Pensionati e con gli altri partiti che hanno rinunciato a presentare il proprio simbolo. Metteremo insieme i moderati italiani", «Mastella e Storace? Aspettiamo che ci dicano cosa intendono fare, e speriamo che vengano con noi».
La Lega Nord si federerà con il nuovo soggetto senza però confluirvi; l'Udc è titubante e sembra maggiormente orientato a non entrarvi, a differenza della minoranza secessionista guidata da Carlo Giovanardi, mentre Francesco Storace, leader del neonato partito La Destra, ha dichiarato: «Se l'alleanza corre con un simbolo unico, al quale non si sottraggono nè Bossi nè Casini, è un conto; ma se i simboli, anzichè quattro o venti, sono tre o sono due, non c'è alcun motivo non ci sia La Destra. Discriminazioni modello arco costituzionale anni Cinquanta non ne accettiamo»; Clemente Mastella infine, che al termine della riunione del Consiglio Nazionale dell'UDEUR che si è svolto sabato 9 febbraio non ha ancora sciolto il nodo alleanze, ha affermato: «Ci intriga il progetto del Ppe, ma è un processo che ci deve vedere protagonisti, e che non intendiamo subire. Se qualcuno pensa, specie al nord, che possa nascere a prescindere da noi, faremo le Termopili perché dobbiamo difendere la nostra dignità».
Alcune considerazioni.
I problemi maggiori che affliggono la politica italiana sono l'instabilità e l'ingovernabilità, fenomeni che sono alla base dell'inefficienza dei governi e che sono originati da un'estrema frammentazione partitica. Tutto ciò che contribuisce a ridurre la frammentazione non può quindi che essere valutato positivamente. Occorre però che si tratti di operazioni che semplifichino realmente e non solo in apparenza il quadro politico, motivo per il quale almeno per il momento non mi abbandono a facili entusiasmi.
Mi spiego meglio.
I governi che si sono succeduti fino ad ora sono stati scarsamente efficienti perchè sorretti da coalizioni ampie ed eterogenee composte da partiti che molto spesso fanno riferimento a culture politiche incompatibili tra di loro, con l'ovvia conseguenza che tutto ciò si traduce in esecutivi paralizzati e incapaci di decidere, in compromessi pasticciati e al ribasso e a continue liti e tensioni che -come detto- sono alla base dell'instabilità e dell'ingovernabilità che caratterizzano la scena politica nostrana.
Che differenza fa se le componenti che danno vita tutto ciò anzichè chiamarsi "partiti" si chiamano "correnti" e nominalmente fanno parte dello stesso soggetto?
A mio modo di vedere nessuna.
Anzichè verificarsi il contrasto, ad esempio, fra FI e l'Udc (come nella legislatura che è andata dal 2001 al 2006) si assisterà allo scontro tra la "corrente A" e la "corrente B" del PdL. Venerdì sera, nel corso della trasmissione televisiva "Otto e mezzo", in onda su La7, Gianni Alemanno, esponente di spicco di Alleanza Nazionale e leader della corrente Destra sociale, ha contestato un servizio sul nascente PdL perchè l'autore, Lanfranco Pace, lo aveva definito "moderato" e "liberale", mentre a suo dire non potava essere omesso l'aggettivo "nazionale". Chi conosce anche solo un po' AN dall'interno sa benissimo che nonostante il tempo trascorso la cosiddetta "svolta di Fiuggi" non è ancora stata completamente metabolizzata e che le frizioni fra le correnti Destra protagonista (quella di Fini) e Destra sociale sono all'ordine del giorno. Se in oltre dieci anni le due anime principali che compongono AN non sono riuscite a trovare una sintesi sull'identità e sugli indirizzi programmatici che deve avere il partito perchè questo dovrebbe avvenire più facilmente all'interno di un contenitore assai più ampio come quello rappresentato dal PdL?
Governi composti da un numero ristretto di forze politiche che si comportano in modo disciplinato non sono solo auspicabili ma necessari; a questo però non si arriva riducendo apparentemente il numero dei partiti con la creazione di macro-contenitori che al loro interno inglobano tutto e il contrario di tutto, seguendo la stessa identica filosofia delle vecchie coalizioni, ma attraverso fusioni intelligenti fra forze politiche omogenee e sopratutto attraverso riforme istituzionali ed elettorali. Occorre disperatamente una legge elettorale che consenta ai partiti più grandi attualmente esistenti di vincere da soli o quasi, in modo che non ci sia bisogno di fusioni artificiali e sostanzialmente inutili, ma che gli altri partiti vengano messi di fronte a tre alternative: rimanere fedeli alle loro idee e continuare a perdere, modificare realmente la loro linea politica, estinguersi.
Riassumendo: la novità rappresentata dalla nascita del PdL può effettivamente essere positiva, ma prima di gridare all'avvenuta conquista del tanto agognato bipartitismo occorre andarci cauti e valutare le modalità con cui verrà messa in atto. A mio avviso perchè si produca un effettivo miglioramento della qualità della nostra politica occorre che il progetto PdL non sia eccessivamente inclusivo, ma che riguardi un ristretto numero di partiti politicamente abbastanza omogenei, che dopo le elezioni si dia vita ad una seria fase costituente caratterizzata da modalità realmente democratiche (ovviamente questo vale anche in riferimento alla leadership) e soprattutto che la legge elettorale venga rivista in senso maggioritario, operazione che per potersi concretizzare per ovvie ragioni richiede un dialogo e un accordo con il Partito Democratico più che con gli alleati della Cdl.
Confesso di non essere molto ottimista.
6 commenti:
Di fronte ad un inclusivismo senza scrupoli, tipico del peggior Berlusconi, che tende la mano a Mastella e Storace, forse è più apprezzabile la scelta onesta e coraggiosa di Veltroni, deciso a correre da solo (e a perdere) in nome di una maggiore responsabilità ideologica. Inoltre, sono state rese note le linee programmatiche dei due schieramenti, e l'unico che ha parlato con chiarezza del problema fiscale è stato Veltroni (PARADOSSALE, NO??). Berlusconi ha solo riproposto la vecchia stronzata dell'ICI, come se quel piccolo regalo si possa considerare come un taglio delle imposte! CHE FINE HA FATTO IL CONTRATTO CON GLI ITALIANI?? E' ANCORA VALIDO O NO IL PROPOSITO DI FARE DUE SOLE ALIQUOTE? FAI CHIAREZZA BERLUSCONI ALTRIMENTI NON TI VOTIAMO NOI LIBERALI!!!
Ancora mi sfugge il senso dell'appellativo politico "nazionale". Bah!
Alla fine l'UDEUR potrebbe "entrare a metà", presentando suoi candidati nel PdL in tutta Italia tranne che in Campania (e forse qualche altra regione del Sud), dove svolgerebbe il ruolo che ha la Lega al Nord. Infatti s'è già parlato di trattative con il "leghista siculo" Raffaele Lombardo, leader del Movimento per l'Autonomia.
Venendo al PdL, al momento si tratta solo di una lista unitaria, niente più e niente meno di "Uniti nell'Ulivo" di prodiana memoria. Anche allora, il "listone" era composto dal altri soggetti oltre a DS e Margherita. Per cui, non è detto che in un ipotetico vero partito PdL, entrino x forza tutti quelli che saranno nella lista o nell'alleanza. Come cantava Battisti, lo scopriremo solo vivendo...
il problema a parer mio è dirigenziale. tutti vogliono comandare, vogliono più potere perchè, in Italia soprattutto più potere significa più "rimborsi elettorali", e non è semplice qualunquismo è realtà. La politica è utilizzata come strumento per perseguire fini e non fine in sè come dovrebbe essere. Forse la strada delle primarie "modello USA" è una delle ancore di salvezza che dovrebbe essere perseguita.Anch'io ho qualche perplessità sul pdl, soprattutto sulle conseguenze non del tutto positive che potrebbe avere in ambito locale. concordo con fede,"lo scopriremo solo vivendo"...
Pur non essendo un elettore dell'ex Polo, non sarei scontento di vedere meno frammentato l'arco parlamentare.
Quello che continua a sembrarmi un punto apparentemente insolubile è costituito da due elementi:
Innanzitutto le modalità di selezione della classe dirigente (di quasi tutti i partiti), che come molte sentenze, articoli e libri mostrano, seguono logiche prevalentemente clientelari e d'opportunità.
Questo al di là dei pregi dei singoli, in quanto l'organizzazione partitica (tutti per uno ed u o per tutti) e i ricatti ed i segreti più o meno occulti bloccano spesso e volentieri moti e decisioni innovative.
D'altra parte, essendo l'Italia più di altri paesi ridotto a caste a compartimento stagno, non vedo che interesse avrebbero i parlamentari (al pari di un qualunque corpo elettivo e/o esclusivo, da che mondo è mondo) a favorire la creazione di un sistema più funzionale ma anche meno fondato su privilegi.
Intendiamoci, miglioramenti in questo senso sono avvenuti, ma in circostanze eccezionali ed anomale.
Circostanze che personalmente (ma spero di sbagliarmi, ovviamente) non vedo all'orizzonte...
Chi ha visto Berlusconi ieri? Impressioni?
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