Qualcosa si sta muovendo, nel mondo liberale. Di mese in mese si moltiplicano i blog, le associazioni culturali, gli aggregatori e varie altre iniziative che si richiamano (a vario titolo) alla dottrina della libertà, e parallelamente a questo fitto e variegato sottobosco si fanno sentire, sempre più numerose, le voci di chi è convinto di vedere in questa crescente partecipazione i pròdromi di una possibile rinascita del liberalismo italiano.
In effetti, il ventunesimo secolo ha aperto al liberalismo delle possibilità nuove ed inaspettate di divulgazione, grazie all'avvento di tecnologie di comunicazione libere dal controllo statale o dall'approvazione della casta editoriale. Da sempre, infatti, la comunicazione di massa, con i suoi enormi costi, è stata in qualche modo controllata, finanziata e pilotata da chi deteneva il potere, rimanendo perciò un privilegio nelle mani di pochi, ed è logico che nel vecchio regime non avessero voce proprio quelle idee che al potere e alle corporazioni si dimostravano ostili, liberali in primis. Oggi, al contrario, noi possiamo comunicare senza limiti, a costi bassissimi e senza la paura di essere oscurati. Chiunque può aprire un blog, postare un filmato su youtube o stampare dei volantini, quindi non abbiamo più scuse riguardo ai mezzi a nostra disposizione.
Certo, è vero anche che c'è un rovescio della medaglia, perchè questi nuovi mezzi hanno generato un elefentiaco moltiplicarsi delle "voci su piazza", finendo per accrescere una sorta di rumore di fondo intorno alle idee più interessanti che rischia di degenerare in un sistema confusionario in cui, siccome le opinioni sono potenzialmente infinite, e infinite sono anche le persone che le possono esprimere, il risultato è un'accozzaglia di messaggi-spazzatura capaci di oscurare quel poco di valido che invece ci è dato di esprimere.
Ma noi liberali abbiamo un vantaggio sul resto del mondo politico-culturale. Saremo anche individualisti, elitari e, talvolta, pure snob, ma una cosa la possiamo dire: siamo molto preparati. La nostra dottrina è il frutto di secolari elaborazioni teoriche di cui noi siamo gli eredi. Pensateci: quale associazione di matrice socialista può vantare un livello simile a quello, ad esempio, dell'Istituto Bruno Leoni, o della Fondazione Einaudi, o di Epistemes, o di Noise From Amerika, o delle decine di altre iniziative che si nutrono della cultura liberale? Credo nessuna, e di questo dobbiamo essere orgogliosi. Quindi possiamo certamente contare sulla solidità della nostra preparazione e delle nostre argomentazioni, ma, sfortunatamente, questo non basta, perchè il web possiede una grande, sostanziale limitazione rispetto ai vecchi mezzi di comunicazione di massa: è "on demand". Ciò significa che tutte le associazioni sopra citate potranno essere anche geniali, ma se nessuno digita di sua iniziativa "www.sonoliberale ecc." ciò che esse pubblicano rimarranno sempre lettera morta. Il web è simile all'editoria libraria: un libro si compra solo se si è interessati e motivati, così come un sito si frequenta in base ai pripri interessi ed alle proprie inclinazioni. La televisione, invece, così come la radio, rimane accesa in molte famiglie per abitudine, e la si segue accettando di volta in volta quello che trasmette. Lo zapping, infatti, è un fenomeno limitato: io non cambio canale se vedo un politico che non mi piace, lo cambio solo se non voglio ascoltare nulla riguardo alla politica. Così, si ascolta anche chi non la pensa come noi, mentre nel web capita che si seguano quasi esclusivamente i siti della propria parte politica.
E allora, come superare questo limite? Al riguardo, mi limito ad esprimere un'opinione, la stessa che sta alla base dell'idea di fondare il Movimento Arancione. Io credo che dovremmo riuscire ad affiancare alla pregevole elaborazione teorica di cui siamo capaci anche iniziative più leggere in grado di accattivarci la simpatia di persone non vivono per la politica e non hanno troppa voglia di farsi venire il mal di testa studiando la teoria economica. E questo significa essere meno snob, stare fra i ragazzi nelle scuole, nelle università, 'abbassare' il livello della comunicazione per renderlo appetibile anche ad un pubblico molto vasto, fare politica accettando qualche compromesso e, soprattutto, essere meno settari.
Non faccio i nomi di alcuni liberali convinti che escludere le 'correnti' diverse dalla propria sia una ineludibile questione di coerenza, o che iniziative come Tocqueville siano da condannare perchè 'impure', cioè colpevoli di aggregare anche persone non liberali. Ma siamo sicuri sia questa la strada? Io credo di no; anzi, credo che questa impostazione vada nella direzione opposta a quella corretta. Se non riusciamo ad avere un buon rapporto interlocutorio nemmeno con i cittadini di Tocqueville, meglio che lasciamo stare la politica...
Il settarismo, l'individualismo, lo snobismo, la scarsa propensione ad entrare in un partito sono la causa del fatto che i liberali, anche nel ventunesimo secolo, rimangono troppo spesso emarginati ed inascoltati. La soluzione è a portata di mano: usare il web come "interfono" per conoscerci, diventare amici, coordinarci e scambiare opinioni, ma senza illuderci lontanamente che esso possa esaurire l'attività che dobbiamo portare avanti. La blogosfera liberale è un salottino privato a cui il mondo reale è indifferente. Se vogliamo davvero cambiare le cose, dobbiamo sporcarci le mani scendendo fra la gente e riuscendo a farci capire anche dall'uomo della strada. A che serve discutere fra di noi della teoria austriaca dei cicli quando il 70% della popolazione è convinta che il Garante dei Prezzi sia un'iniziativa positiva per mantenere a freno l'inflazione?
In effetti, il ventunesimo secolo ha aperto al liberalismo delle possibilità nuove ed inaspettate di divulgazione, grazie all'avvento di tecnologie di comunicazione libere dal controllo statale o dall'approvazione della casta editoriale. Da sempre, infatti, la comunicazione di massa, con i suoi enormi costi, è stata in qualche modo controllata, finanziata e pilotata da chi deteneva il potere, rimanendo perciò un privilegio nelle mani di pochi, ed è logico che nel vecchio regime non avessero voce proprio quelle idee che al potere e alle corporazioni si dimostravano ostili, liberali in primis. Oggi, al contrario, noi possiamo comunicare senza limiti, a costi bassissimi e senza la paura di essere oscurati. Chiunque può aprire un blog, postare un filmato su youtube o stampare dei volantini, quindi non abbiamo più scuse riguardo ai mezzi a nostra disposizione.
Certo, è vero anche che c'è un rovescio della medaglia, perchè questi nuovi mezzi hanno generato un elefentiaco moltiplicarsi delle "voci su piazza", finendo per accrescere una sorta di rumore di fondo intorno alle idee più interessanti che rischia di degenerare in un sistema confusionario in cui, siccome le opinioni sono potenzialmente infinite, e infinite sono anche le persone che le possono esprimere, il risultato è un'accozzaglia di messaggi-spazzatura capaci di oscurare quel poco di valido che invece ci è dato di esprimere.
Ma noi liberali abbiamo un vantaggio sul resto del mondo politico-culturale. Saremo anche individualisti, elitari e, talvolta, pure snob, ma una cosa la possiamo dire: siamo molto preparati. La nostra dottrina è il frutto di secolari elaborazioni teoriche di cui noi siamo gli eredi. Pensateci: quale associazione di matrice socialista può vantare un livello simile a quello, ad esempio, dell'Istituto Bruno Leoni, o della Fondazione Einaudi, o di Epistemes, o di Noise From Amerika, o delle decine di altre iniziative che si nutrono della cultura liberale? Credo nessuna, e di questo dobbiamo essere orgogliosi. Quindi possiamo certamente contare sulla solidità della nostra preparazione e delle nostre argomentazioni, ma, sfortunatamente, questo non basta, perchè il web possiede una grande, sostanziale limitazione rispetto ai vecchi mezzi di comunicazione di massa: è "on demand". Ciò significa che tutte le associazioni sopra citate potranno essere anche geniali, ma se nessuno digita di sua iniziativa "www.sonoliberale ecc." ciò che esse pubblicano rimarranno sempre lettera morta. Il web è simile all'editoria libraria: un libro si compra solo se si è interessati e motivati, così come un sito si frequenta in base ai pripri interessi ed alle proprie inclinazioni. La televisione, invece, così come la radio, rimane accesa in molte famiglie per abitudine, e la si segue accettando di volta in volta quello che trasmette. Lo zapping, infatti, è un fenomeno limitato: io non cambio canale se vedo un politico che non mi piace, lo cambio solo se non voglio ascoltare nulla riguardo alla politica. Così, si ascolta anche chi non la pensa come noi, mentre nel web capita che si seguano quasi esclusivamente i siti della propria parte politica.
E allora, come superare questo limite? Al riguardo, mi limito ad esprimere un'opinione, la stessa che sta alla base dell'idea di fondare il Movimento Arancione. Io credo che dovremmo riuscire ad affiancare alla pregevole elaborazione teorica di cui siamo capaci anche iniziative più leggere in grado di accattivarci la simpatia di persone non vivono per la politica e non hanno troppa voglia di farsi venire il mal di testa studiando la teoria economica. E questo significa essere meno snob, stare fra i ragazzi nelle scuole, nelle università, 'abbassare' il livello della comunicazione per renderlo appetibile anche ad un pubblico molto vasto, fare politica accettando qualche compromesso e, soprattutto, essere meno settari.
Non faccio i nomi di alcuni liberali convinti che escludere le 'correnti' diverse dalla propria sia una ineludibile questione di coerenza, o che iniziative come Tocqueville siano da condannare perchè 'impure', cioè colpevoli di aggregare anche persone non liberali. Ma siamo sicuri sia questa la strada? Io credo di no; anzi, credo che questa impostazione vada nella direzione opposta a quella corretta. Se non riusciamo ad avere un buon rapporto interlocutorio nemmeno con i cittadini di Tocqueville, meglio che lasciamo stare la politica...
Il settarismo, l'individualismo, lo snobismo, la scarsa propensione ad entrare in un partito sono la causa del fatto che i liberali, anche nel ventunesimo secolo, rimangono troppo spesso emarginati ed inascoltati. La soluzione è a portata di mano: usare il web come "interfono" per conoscerci, diventare amici, coordinarci e scambiare opinioni, ma senza illuderci lontanamente che esso possa esaurire l'attività che dobbiamo portare avanti. La blogosfera liberale è un salottino privato a cui il mondo reale è indifferente. Se vogliamo davvero cambiare le cose, dobbiamo sporcarci le mani scendendo fra la gente e riuscendo a farci capire anche dall'uomo della strada. A che serve discutere fra di noi della teoria austriaca dei cicli quando il 70% della popolazione è convinta che il Garante dei Prezzi sia un'iniziativa positiva per mantenere a freno l'inflazione?
4 commenti:
Fare politica è compito dei politici, mentre i blog sono un fenomeno culturale. Sono d'accordo quando dici che dobbiamo "scendere fra la gente" (a patto che tu mi spieghi qualche modo CONCRETO per fare ciò...) ma come si può FARE POLITICA da liberali se la gente non sa neanche che vuol dire liberalismo? Non vedi Capezzone, che ha rinunciato pure lui a fare il liberale e si è "democristianizzato"? La cultura deve venire prima di tutto, altrimenti la politica non si può fare perchè nessuno ti vota se sei liberale.
In un certo senso ti do ragione (anche se, per l'ennesima volta, mi rammarico che i nostri visitatori lascino commenti anonimi).
L'italiano medio ha l'antiliberalismo nel sangue, e non è pronto ad avere come interlocutore un vero e proprio politico liberale. Però da quel poco di esperienza che mi sono fatto ho capito che solo la politica ti dà quel palcoscenico di cui abbiamo bisogno, perchè come ho scritto nell'articolo il web è uno strumento assai limitato.
Ti dico quello che faccio io: faccio politica in un partito non liberale ma che accetta i liberali (formula alquanto sibillina e democristiana, lo so...) e utilizzo gli spazi che mi sono concessi per crearmi un gruppo di riferimento da sensibilizzare gradualmente. E' dura, ma qualcosa si riesce a fare. Ad esempio, nel mio piccolo, sono diventato consigliere comunale, e cerco di dosare gli interventi pubblici in modo da far capire che le idee liberali sono frutto del buonsenso. Se avessi fatto il duro e puro, rifiutando il ruolo politico che ho oggi, ora non riuscirei a far sentire la mia opinione sui quotidiani riguardo alle questioni di attualità politica (seppur soltanto locale).
Francesco, in quale partito sei?
Sono nel Popolo della Libertà...
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