Venerdì 21 novembre 2008, dopo quasi 15 anni da protagonista sulla scena politica italiana, Forza Italia decreta il suo scioglimento nel PdL attraverso il Consiglio Nazionale che si sta svolgendo a Roma (e che è possibile seguire in streaming su www.forzaitalia.it). In questi quasi quindici anni, il partito "di" Berlusconi è stato tante cose: "il partito di plastica", un "comitato elettorale", la "politica dell'impolitica", ecc. A parere di scrive, però, è stata soprattutto una grande incompiuta.
Nel '93-'94, agli albori della "discesa in campo", Forza Italia si proponeva di essere qualcosa di nuovo nella storia repubblicana del nostro Paese: un grande partito liberale di massa. E lo fu, in quegli inizi; un programma fortemente liberista, opera in primis di Antonio Martino e di Giuliano Urbani, una connotazione chiaramente laica, atlantista e riformista e votata al cambiamento.
Quella Forza Italia, sfortunatamente, mancava però di classe dirigente e "consapevolezza politica". E non poteva essere altrimenti, per un partito appena nato e fatto quasi esclusivamente di facce nuove o quanto meno poco logore. Questo ha portato ad una misera caduta del primo governo a trazione forzista, l'unico veramente d'ispirazione liberale.
Berlusconi, ragionando come sempre da imprenditore, e considerando quindi la sconfitta come un mancato obiettivo d'azienda, fece una scelta da manager: cambiò tutto o quasi. Forza Italia divenne un partito strutturato nella forma e nazional-popolare nelle idee; i liberali che la fondarono col Cavaliere furono soppiantanti dal tremontismo, e il partito-circolo di Dell'Utri divenne la macchina da guerra di Scajola.
Arrivò anche la "consapevolezza politica" di cui sopra: lo fece grazie alla "traversata nel deserto" durante i governi de L'Ulivo, ma anche rimpiendosi di reciclati da quinta fila del pentapartito... Risultato? Ora che c'era un partito vero, non c'era più le idee giuste, mentre prima era il contario. Conseguenze? I governi di Berlusconi non sono mai caduti (e non lo farà nemmeno questo, coi numeri che si ritrova) come nel '94, ma non hanno cambiato l'Italia come si poteva fare in quell'anno magico.
Ora Forza Italia lascia spazio a "il Popolo della Libertà", il partito unico o quasi del centrodestra, dove si scioglieranno grandi (FI, appunto e AN) e piccini (dalla DCA di Rotondi alla Mussolini, passando per il Nuovo PSI e De Gregorio), e che è destinato, secondo quelle che paiono essere le volontà del gruppo dirigente forzista (Silvio in primis, ovviamente) a nascere metà come la Forza Italia del '94 e metà come quella successiva. Il problema è che si vogliono prendere le metà sbagliate...
Il PdL è destinato infatti non ad essere un partito liberale di massa strutturato e radicato, bensì un partito nazional-popolare virtuale. A tal proposito, ho trovato interessante quello che Carlo Visco Gilardi, esponente del PRI, partecipando con un articolo postato sul sito ufficiale del partito, al dibattito interno riguardante lo scioglimento o meno dei repubblicani nel nascente PdL, ha espresso. Riporto questo passaggio:
"Il pensiero repubblicano è anche contraddistinto da una forte partecipazione democratica al dibattito interno, attraverso forme, forse un po' datate, ma che considero ancora le migliori per consentire ad una organizzazione politica di esprimere idee e valori aderenti, attraverso il dibattito democratico, a quelle che sono proprie degli appartenenti al partito stesso. Certo, dobbiamo anche riflettere sulla nostra organizzazione e su come modernizzarla, ma mi sembra difficile che chi pensa di portare il pensiero ed i valori repubblicani all'interno del Pdl possa pensare di farlo laddove il partito dominante e l'ideatore del nuovo partito non conoscono e non apprezzano palesemente il rituale - come con disprezzo lo definiscono - dei congressi, delle elezioni interne, dei rapporti tra maggioranza e minoranza".
Direi che la preoccupazione del signor Gilardi non è e non deve essere solo dei reppublicani, ma di tutti coloro che si riconoscono nell'area liberal-moderata e popolare che fa riferimento al centrodestra. Il Popolo della Libertà DEVE vivere di congressi, elezioni interne, di dibattiti ideali, di sezioni, di appartenenza. Se invece, come qualcuno/molti vogliono, sarà solo il "calderone del berlusconismo", allora non ci siamo proprio...
Nel '93-'94, agli albori della "discesa in campo", Forza Italia si proponeva di essere qualcosa di nuovo nella storia repubblicana del nostro Paese: un grande partito liberale di massa. E lo fu, in quegli inizi; un programma fortemente liberista, opera in primis di Antonio Martino e di Giuliano Urbani, una connotazione chiaramente laica, atlantista e riformista e votata al cambiamento.
Quella Forza Italia, sfortunatamente, mancava però di classe dirigente e "consapevolezza politica". E non poteva essere altrimenti, per un partito appena nato e fatto quasi esclusivamente di facce nuove o quanto meno poco logore. Questo ha portato ad una misera caduta del primo governo a trazione forzista, l'unico veramente d'ispirazione liberale.
Berlusconi, ragionando come sempre da imprenditore, e considerando quindi la sconfitta come un mancato obiettivo d'azienda, fece una scelta da manager: cambiò tutto o quasi. Forza Italia divenne un partito strutturato nella forma e nazional-popolare nelle idee; i liberali che la fondarono col Cavaliere furono soppiantanti dal tremontismo, e il partito-circolo di Dell'Utri divenne la macchina da guerra di Scajola.
Arrivò anche la "consapevolezza politica" di cui sopra: lo fece grazie alla "traversata nel deserto" durante i governi de L'Ulivo, ma anche rimpiendosi di reciclati da quinta fila del pentapartito... Risultato? Ora che c'era un partito vero, non c'era più le idee giuste, mentre prima era il contario. Conseguenze? I governi di Berlusconi non sono mai caduti (e non lo farà nemmeno questo, coi numeri che si ritrova) come nel '94, ma non hanno cambiato l'Italia come si poteva fare in quell'anno magico.
Ora Forza Italia lascia spazio a "il Popolo della Libertà", il partito unico o quasi del centrodestra, dove si scioglieranno grandi (FI, appunto e AN) e piccini (dalla DCA di Rotondi alla Mussolini, passando per il Nuovo PSI e De Gregorio), e che è destinato, secondo quelle che paiono essere le volontà del gruppo dirigente forzista (Silvio in primis, ovviamente) a nascere metà come la Forza Italia del '94 e metà come quella successiva. Il problema è che si vogliono prendere le metà sbagliate...
Il PdL è destinato infatti non ad essere un partito liberale di massa strutturato e radicato, bensì un partito nazional-popolare virtuale. A tal proposito, ho trovato interessante quello che Carlo Visco Gilardi, esponente del PRI, partecipando con un articolo postato sul sito ufficiale del partito, al dibattito interno riguardante lo scioglimento o meno dei repubblicani nel nascente PdL, ha espresso. Riporto questo passaggio:
"Il pensiero repubblicano è anche contraddistinto da una forte partecipazione democratica al dibattito interno, attraverso forme, forse un po' datate, ma che considero ancora le migliori per consentire ad una organizzazione politica di esprimere idee e valori aderenti, attraverso il dibattito democratico, a quelle che sono proprie degli appartenenti al partito stesso. Certo, dobbiamo anche riflettere sulla nostra organizzazione e su come modernizzarla, ma mi sembra difficile che chi pensa di portare il pensiero ed i valori repubblicani all'interno del Pdl possa pensare di farlo laddove il partito dominante e l'ideatore del nuovo partito non conoscono e non apprezzano palesemente il rituale - come con disprezzo lo definiscono - dei congressi, delle elezioni interne, dei rapporti tra maggioranza e minoranza".
Direi che la preoccupazione del signor Gilardi non è e non deve essere solo dei reppublicani, ma di tutti coloro che si riconoscono nell'area liberal-moderata e popolare che fa riferimento al centrodestra. Il Popolo della Libertà DEVE vivere di congressi, elezioni interne, di dibattiti ideali, di sezioni, di appartenenza. Se invece, come qualcuno/molti vogliono, sarà solo il "calderone del berlusconismo", allora non ci siamo proprio...
4 commenti:
Per me il PDL non è l'evoluzione di Forza Italia, ma l'ammissione del suo fallimento. E non perchè l'idea che nel '94 sosteneva FI fosse perdente fra l'elettorato, non dimentichiamoci che all'epoca il Berlusca strappava consensi oceanici (oggi credo che FI da sola non raggiungerebbe il 20%) ma perchè quell'idea faceva a pugni con tutti i poteri forti d'Italia. Se penso a quanti nemici abbia avuto FI durante la sua storia... mi riempio di orgoglio. Ma adesso di nemici sembra non averne più, non trovate? Brutto segno.
E' l'evoluzione del peggio di FI, nn di tutta. E questo, effettivamente, è il grande segno di fallimento.
Chissà se e qdo riusciremo veramente ad avere un partito liberale di massa...
Magari fosse stato un partito liberale. Forza italia è servita solo a tirare fuori Berlusconi ed amichetti dai guai.
Col senno di poi, come darti torto...
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