Ho appena visitato http://saraacireale.spazioblog.it/ e ho appena letto che ieri era "la giornata di riflessione sui temi della povertà". Tema tra quelli più importanti di certo. Tema fondamentale per chiunque vuole vivere in questo mondo interessandosi degli altri. Cosa sia la povertà è relativo. Di certo io sono tra i più poveri in Italia, da proletario quale sono. Di certo sono meno povero (sempre rimanendo nell'ambito concettuale di povertà legato alle disponibilità economiche) di chi muore letteralmente di fame e purtroppo di questo tipo di povertà nel mondo ce n'è ancora tantissima.Da socialista credo che fare politica significhi occuparsi di chi sta peggio cercando di realizzare un mondo in cui chi oggi sta peggio abbia più opportunità di quelle che ha attualmente. In quei casi le opportunità di cui sopra consistono addirittura nella possibilità di sfamare sé ed i propri congiunti. Da simpatizzante e nuovamente militante radicale ricordo le battaglie del Partito Radicale (quel partito che è stato di Domenico Modugno, Enzo Tortora, Bruno Zevi, Leonardo Sciascia e Francesco Rutelli) contro lo sterminio per fame. Che ne è oggi di quella lotta radicale? Che ne è dell'aspirazione socialista ad un mondo più giusto? Erano velleità che in quest'epoca di disillusione abbiamo respinto come irrealizzabili ed addirittura come sciocche? Che senso ha, allora, fare politica? Di certo non credo né mai ho creduto che problemi di tale portata abbiano semplici e/o rapide soluzioni. Non basta di certo la buona volontà a risolverli, ma credo che sia ovvio che se non ci si pone nuovamente e seriamente il problema dello sterminio per fame nel mondo difficilmente tale sciagura potrà finire. Essere liberista per me non significa affatto meno politica, significa proprio il contrario, più politica liberista, appunto. Una politica che sia volta ad abolire innanzi tutto tutti quei dazi e simili che impediscono alle merci ed alle persone dei paesi più poveri di arrivare nei paesi più ricchi. In questo le colpe dell'occidente sono gravissime, innanzi tutto degli Stati Uniti (lo dico da filostatunitense convinto) e dell'Unione Europea (lo dico da federalista europeo convinto). Se il liberismo e l'inevitabile globalizzazione si presentassero con questi aspetti e con quelli dell'estensione dei diritti in tutto il mondo credo che le sciocche posizioni antiliberiste dei noglobal finirebbero per essere viste per quello che realmente sono, cioè espressione di assenza di ragione di figli di papà occidentali che accettano della globalizzazione tutto ciò che loro conviene, compresa questo stupido movimento che si autodefinisce no-global, ma anche, in fondo, difesa degli interessi delle nazioni che vogliono permettersi la recessione non preoccupendosi neppure delle generazioni più giovani come è avvenuto ed avviene purtroppo nella nostra Italia.
Massimo Messina
15 commenti:
Ciao Massimo. Ho notato che usi il termine 'socialista' quasi come sinonimo di 'liberale'... Interessante sincretismo :)
Comunque fai bene a sollevare il problema della fame, troppo spesso al margine delle riflessioni politiche dei liberali. La soluzione non è però semplice, dato che i sostegni dell'occidente finiscono spesso per bloccare la nascita di mercati locali, risultando controproducenti. La strada maestra sarebbe, forse, quella di decentrare nel terzo mondo attività produttive occidentali, ma questo proposito si scontra troppo spesso con le realtà politiche dittatoriali dei paesi che necessitano di aiuto.
Ciao, Francesco. I termini 'socialista' e 'liberale' per me non sono sinonimi, ma di certo mai accetterei un socialismo che non sia anche liberale, anche perché, dopo ciò che il secolo scorso ci ha dato, sarebbe criminale e, purtroppo, di criminali in giro ce ne sono ancora tanti. Il liberalismo che non sia socialista, a sua volta, ha sì una sua dignità, ma solo come fase intermedia verso una coscienza liberalsocialista. Ogni liberale postmoderno non può che essere anche socialista nell'occidente, se per "socialista" intendiamo "impegnato alla risoluzione della questione sociale".E' vero che "i sostegni dell'occidente finiscono spesso per bloccare la nascita di mercati locali, risultando controproducenti". L'idea che esprimi relativa alla decentralizzazione nel terzo mondo delle attività produttive occidentali è di sicuro nel segno liberale che io auspico e propugno e proprio la coscienza del fatto che "questo proposito si scontra troppo spesso con le realtà politiche dittatoriali dei paesi che necessitano di aiuto" mi rafforza nell'idea che l'esportazione delle libertà (non della democrazia, che fa prevalentemente danno!) è "la strada maestra".
Ma come è che nessuno dei due ha accennato alla prima cosa da fare per ridurre il problema della fame nel mondo? Cioè il controllo delle nascite? Una cosa seria e fattibile.
se per controllo delle nascite intendi distribuzione gratuita di condom sono d'accordo con te, anche tutto cio dovrebbe essere delimitato in un arco di tempo ben definito perchè si tratterrebbe di un ingerenza eccessiva dello stato tra i cittadini.a mio parere anzichè "cancellare i debiti"(iniziative propagandistiche inutili) gli stati sviluppati dovrebbero affidare ad una org.sovranazionale fondi,la quale avrà poi la responsabilità di creare un programma di sviluppo per ogni stato in difficoltà.avviatosi lo stato, l'org.sovranazionale "prende il suo scartozzetto,alza i tacchi e se ne va".
Una seria e transnazionale politica demografica è necessaria di certo e da liberale pretendo che tale politica sia principalmente mirata ad informare. Il motto einaudiano resta sempre valido: "conoscere per deliberare". Alle masse affamate bisogna distribuire più pane, anche di verità e di strumenti di produzione e di conoscenza (ed anche anticoncezionali).
Il cosiddetto "digital divide" è sia effetto che concausa delle differenze economiche tra paesi ricchi e paesi poveri. Grazie anche a Mark Shuttleworth ("papà di Ubuntu"), a GNU Linux e al mondo dell'Open Source in genere, comunque, il DD ("digital divide") tende a diminuire. La verità è che i paesi poveri sono destinati in generale a svilupparsi nel lungo periodo, come ci insegnano i modelli economici neoclassici solowiani, quello che dovrebbe fare la politica è solo ciò che non riesce ad esserci automaticamente: ridurre al minimo possibile le conseguenze dello sterminio per fame nel breve periodo per evitare che il solito keynesiano dica che "è vero che nel lungo periodo c'è l'equilibrio di piena occupazione, ma nel lungo periodo nessuno dei presenti sarà più vivo ed alcuni dei presenti avrà vissuto nel frattempo una vita che difficilmente potremmo definire degna di tale nome".
Bisognerebbe trovare il modo di esportare VERAMENTE la democrazia e la cultura liberale nel mondo. Senza dittatori affamati di sangue che coi soldi dei vari prestiti comprano armi, ma invece con una classe politica responsabile che i soldi (degli altri) li spende per dar da mangiare al proprio popolo, il problema sarebbe drasticamente (anche se magari non completamente) risolto. Sfortunatamente, sono abbastanza pragmatico/realista per affermare io stesso che, ad oggi, quanto da me auspicato è pura utopia...purtroppo...
mi associo totalmente e completamente al commento di Giorgio Ragusa che ha individutato il problema fondamentale: solo un serio controllo delle nascite può risolvere il problema della fame nel mondo, perchè senza la risoluzioone di questa questione essenziale tutti gli altri interventi sono inutili.
La colpa, quindi, è del Vaticano che fa finta di non capire e vedere.
Non dimentichiamo che siamo 6 miliardi e mezzo di persone e le risorse non basteranno per tutti. La storia insegna: facciamone tesoro.
Federico, che intendi per "democrazia"? Non c'è regime al mondo che non si definisca democratico. Nel 2005 per due mesi sono stato per lavoro in Libia. Non c'è slogan del regime libico che non abbia in sé il concetto "democrazia". La Libia non funziona proprio perché è troppo democratica. L'Italia è meno democratica della libia, ma è pur sempre troppo democratica per i miei gusti. Non esiste posizione politica che non sia rappresentata nel nostro parlamento, purtroppo! Sono liberale, sono socialista, sono liberalsocialista, non sono democratico, ancor meno lo sono da quando è nato il Partito Democratico di Veltroni e compagni.
Sono veramente sdegnata nel notare che ancora oggi (anno 2007) esistono forti contraddizioni e disparità molto evidenti. Ci sono ancora bambini che muoiono di fame e di sete, donne che muoiono di parto per mancanza delle più elementari norme igieniche, persone colpite da lebbra ecc. D'altro canto nel nostro "civile" occidente assistiamo al fenomeno di adolescenti viziatissimi che vanno in tilt se non posseggono l'ultima marca di cellulare e non possono indossare dei capi firmati, signore impellicciate e ingioiellate, uomini che perdono interi capitali al casinò senza battere ciglio. Forse sarò una utopista ma mi auspico che la mentalità cambi e che tutti noi facciamo la nostra parte per la conquista di un mondo migliore.
Cara Sara, è propria dei mondi liberi la differenza e la sperequazione. Dobbiamo stare attenti a non usare giudizi morali per valutare sistemi politici, poichè per questa via è facile arrivare a legittimare forme pericolosamente illiberali di intervento statuale. Le questioni che tu poni sono delle più serie, ma sarebbe semplicistico indirizzare la nostra esecrazione unicamente verso le responsabilità occidentali, poichè i problemi dell'Africa sono tali e tanti che anche con le migliori intenzioni i paesi più potenti non saprebbero come affrontarli. Ad esempio, lo sapevi che in ogni Stato Africano non esiste una lingua unica, ma talvolta se ne parlano un migliaio di differenti? Inoltre, in molti luoghi è ancora vigente il diritto consuetudinario tribale, secondo cui la terra è sacra; pertanto, in quei posti ci si lamenta della siccità, ma la costruzione di un acquedotto è considerata un sacrilegio. Senza parlare, come ho già detto, dei problemi legati agli assetti dittatoriali della magior parte degli stati, che rendono impossibile ogni aiuto alle popolazioni dato che ogni finanziamento è 'bloccato' in entrata e confiscato dai regimi militari.
Il liberalismo implica che si sia liberi anche di perdere "interi capitali al casinò" ed ha ragione Francesco a scrivere che la differenza è propria dei "mondi liberi". Ma che significa che non dobbiamo "usare giudizi morali per valutare sistemi politici"? Come li dobbiamo giudicare allora? Esteticamente? In base alla loro forza bruta? In quest'ultimo caso allora al primo posto ci sarebbe il sistema nazista. Li giudichiamo in base alla loro capacità di durata? Sarebbero anche in tale caso più gli esempi di sistemi illiberali che quelli liberali. La libertà è questione morale, innanzi tutto! Ci sono diversi parametri di giudizio, ma se espungiamo il giudizio morale della politica allora non ha senso neppure il liberalismo stesso che è fatto innanzi tutto etico, come ci insegna Benedetto Croce. E' fatto anzi religioso, direi, citando proprio Croce, che parlava di una vera e propria religione della libertà. Nessuna libertà è possibile se non si ha il pane e della povertà del terzo e quarto mondo la responsabilità non è di certo esclusivamente occidentale, ovviamente. E' verissimo che "i problemi dell'Africa sono tali e tanti che anche con le migliori intenzioni i paesi più potenti non saprebbero come affrontarli", ma ciò che ho voluto scrivere nel mio articolo è che eticamente (ribadisco il concetto) è un'altra situazione se vogliamo affrontare la questione e lo facciamo con intelligenza e con politiche liberali rispetto, invece, al fregarcene mussolinianamente.
"Dobbiamo stare attenti a non usare giudizi morali per valutare sistemi politici, poichè per questa via è facile arrivare a legittimare forme pericolosamente illiberali di intervento statuale"
Intendevo dire che (come pure hai sottolinerato tu stesso)un'attività come il gioco d'azzardo può essere sì censurata moralmente, ma non politicamente, poichè si metterebbe in discussione il libero arbitrio degli individui. Infatti, sarebbe mostruosa una legge che ci vietasse di sperperare i nostri soldi nel gioco d'azzardo, senza per questo negare che esso è (a mio parere) un vero insulto morale alla povertà. La legge non si occupa dei comportamenti immorali, ma soltanto di quelli eventualmente dannosi per la società.
Ma questo è un discorso infinito, che ho affrontato di recente nel mio articolo "RIVALUTIAMO HOBBES?". Chi fosse interessato, se lo legga...
Francesco, ho letto il tuo intervento, così come ho letto il tuo articolo su Hobbes e l'articolo in risposta ad esso di Ismael e sono molto interessato, ovviamente, all'argomento.
Ritengo, da liberale che la legge debba occuparsi, vietandoli, di tutti quei comportamenti immorali che (oltre ad essere tali) attentino alla vita, alla salute o alla proprietà altrui. Non c'è affatto bisogno di essere giusnaturalisti (anche se io lo sono) per pensarla così. Ho citato, infatti, Croce. Vogliamo buttare a mare per esterofilia l'idealismo crociano, padre di ogni antifascismo liberale?
Hai aperto un capitolo nient'affatto scontato... Non tutti i liberali (anzi, invero soltanto una minoranza) ritengono che l'idealismo possa sposarsi con il liberalismo. Personalmente, ritengo che questo incontro sia possibile, ma molto problematico. Se dovessi mettermi a pensare a tutte le conseguenze, rimarrei inchiodato alla scrivania per sempre, e questo commento non terminerebbe mai.
In breve, comunque, credo che sia di evidenza storica che il liberalismo sia un parto della modernità, mentre l'idealismo è un tentativo di ritornare ad una concezione "classica" post parmenidea.
Pur essendo io un appassionato di sincretismi, devo ammettere che questa non è solo UNA questione problematica, ma è LA questione. E' una cosa che mi ossessiona da alcuni mesi, tra l'altro, ma più studio e più si apre davanti a me un mondo di problemi.
Come dico spesso al mio amico Edoardo, i liberali sono tutti d'accordo finchè non gli si chiede di palesare i fondamenti delle loro riflessioni, poi scoppiano le fratture, e non ce n'è uno che la pensi come un altro. Allora, facciamo che queste cose siano come le radici degli alberi: lasciamole sottoterra.
L'idealismo si è di fatto sposato con il liberalismo. Convengo con te che il sodalizio in questione sia problematico.
Dissento, invece, quando dipingi l'idealismo come una sorta di anticaglia. Nulla di più moderno ai miei occhi dell'idealismo, per quanto possa valere il mio giudizio di dilettante della filosofia.
Verissimo ciò che dici circa "i fondamenti" dei liberali, ma credo sia ancora "peggio". I liberali, grazie al Cielo, non sono d'accordo quasi su nulla tra loro se non nel dirsi liberali! Non basta lasciare sottoterra le radici!
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