venerdì 23 novembre 2007

IL DALAI LAMA, LA CASTA E LA CECITA' ITALIANA

di Federico Zuliani

Si avvicina il momento della visita del Dalai Lama, massima autorità politico-spirituale tibetana, in Italia. Tra qualche imbarazzo, perchè indespettire la Cina fa sempre paura, ma soprattutto col grande impegno dei nostri amici Riformatori Liberali (attraverso l'Intergruppo Parlamentare per il Tibet) perchè il leader buddista possa parlare alla Camera dei Deputati. C'è chi si oppone, sostenendo che si tratti di un'ingerenza religiosa (ecco la risposta ineccepibile di Benedetto Della Vedova), ma giova ricordare che siffatto onore fu concesso nella scorsa legislatura a Papa Giovanni Paolo II. E diciamolo, senza peli sulla lingua, è sicuramente più passibile d'ingerenza, almeno in Italia, un papa, che un monaco buddista... Finalmente qualcuno ha il coraggio di prendere una presa di posizione forte in favore del Tibet, cancellato dall'occupazione militare della Cina comunista (altro che occupazione americana dell'Iraq!), e ricordato solo per qualche puntatina hollywoodiana sulle cime dell'Hymalaya. Per fortuna, pur nella loro tragedia, ci hanno pensato i monaci birmani ad attirare l'attenzione dei media sul bistrattato popolo buddista. E pure, mi si permetta, le vite tibetane valgono quanto quelle dei cristiani convertiti di Timor Est, per i quali ci son state fior di mobilitazioni vaticane, in parallelo col silenzio d'Oltretevere verso il massacro del musulmano popolo ceceno. Va di moda fare le pulci a questo o a quel politico o partito, per decifrarne il tasso di laicità, o si grida "Vaticano Talebano", ma non ci si rende conto che il problema non è il Ruini di turno che dice la sua su questo o quel tema, ma il fatto che vi siano politici e partiti che da quest'ultimo si fanno dettare la linea politica. La corsa al consenso della tonaca è un film che si ripete ad ogni elezione, nel centrodestra e nel centrosinistra. E la convinzione che questa corsa vada fatta si è rafforzata col fallimento del referendum sulla fecondazione assistita. Fallimento che, invece, non è dovuto alla campagna elettorale della CEI, bensì al fatto che l'impostazione data da chi il referendum l'ha voluto, non abbia saputo "scaldare i cuori" degli elettori. Idem quando si riuscì nell'impresa di convincere la gente a far fallire un REFERENDUM CHE DIMINUIVA IL NUMERO DEI PARLAMENTARI. Poi però si popola il "V-Day", si legge "La Casta" anche al gabinetto e si grida più forte che mai "piove, Governo ladro!". A proposito di "Casta", due considerazioni: 1) Quanti scoprono come l'acqua calda col libro di Stella, dovrebbero forse sapere che sprechi e privilegi erano stati già ampiamente denunciati dai volumi del liberale Raffaele Costa, "L'Italia degli Sprechi" e "L'Italia dei Privilegi", entrambi editi da Mondadori. 2) Stella, noto fustigatore del "malcostume italico" dalle pagine del "Corriere della Sera", fa a sua volta parte di una vera e propria "casta", quella dei giornalisti. Ma di questo e dell'inutilità di molti albi professionali, parleremo prossimamente...

8 commenti:

Utopia ha detto...

il dalai lama DEVE parlare in parlamento ed i nostri attuali deputati e senatori dovrebbero inginocchiarsi, tanto gli sono inferiori moralmente e spiritualmente

Anonimo ha detto...

Anche io terrei molto che venisse il Dalai Lama. Sarebbe un grande gesto di coraggio politico e di apertura culturale. Ma, ragazzi, non ci facciamo troppe illusioni. Siamo sempre in Italia, dopotutto.

Federico Zuliani ha detto...

Che il Dalai Lama venga in Italia non ci sono dubbi. Il problema è come sarà "istituzionalmente" trattato. Sinceramente, preferisco fare tutti i massimi onori al Dalai Lama, che tutelare gli interessi cinesi di Montezemolo&Co. Altro che Olimpiadi a Pechino, Cina bandita for ever!

Anonimo ha detto...

Pienamente d'accordo sul fatto che il Dalai Lama debba essere ricevuto in modo solenne e ufficiale dalle massime autorità politiche del nostro Paese (e a questo proposito pieno appoggio alla campagna promossa dai Riformatori Liberali).

Quanto al commento di Fede
"Altro che Olimpiadi a Pechino, Cina bandita for ever!"
probabilmente adesso esprimerò un'opinione controcorrente che mi attirerà critiche...
Sinceramente non credo sia giusto boicottare,come da più parti viene invocato,le olimpiadi di Pechino...

Riporto un estratto di un articolo su Milton Friedman scritto da Carlo Stagnaro,membro dell'Istituto Bruno Leoni:
"Cile: Nel 1975, Friedman viene invitato a tenere una serie di conferenze nel Cile di Augusto Pinochet. La stampa nazionale e straniera dà grande risalto alle sue tesi: il controllo dell’inflazione, un ampio programma di liberalizzazioni e privatizzazioni e la riduzione della spesa pubblica. Tale “terapia d’urto” verrà poi adottata grazie alla cooptazione, nel governo cileno, di alcuni “Chicago boys”, tra cui l’architetto della riforma pensionistica José Piñera. Friedman si difenderà dalle accuse di collaborazionismo col regime con un semplice argomento: “se questo può aiutare a migliorare la situazione delle libertà economiche in Cile, perché no?”. In seguito, accetterà inviti anche da altri paesi, compresa la Cina comunista: “nessuno me l’ha mai rinfacciato. Come mai?”."

Friedman (come molti liberali) sostiene che la libertà economica ha un potere dirompente,e che la sua diffusione comporta progressivamente la richiesta di tutte le altre libertà fondamentali...
Siccome un'azione militare contro il regime cinese non è realisticamente praticabile (e nemmeno auspicabile) le speranze di tutti i democratici devono essere riposte in un'implosione del regime dall'interno,un po' come avvenne nel caso dell'Urss,e la diffusione sempre crescente della libertà economica può rappresentare il "cavallo di Troia" per la richiesta di tutte le altre libertà e per l'inizio di un processo di democratizzazione di quel regime...
Attualmente come tutti sappiamo in Cina si è dato vita ad uno strano mix che vede coesistere capitalismo
e nomenclatura comunista...
GLi effetti di questa trasformazione economica sono sotto gli occhi di tutti,e oggi la società cinese è assai diversa rispetto a quella di 20 o 30 anni fa...
E' sicuramente più viva,dinamica e -nonostante le censure e le repressioni- più vigile e critica nei confronti degli abusi del regime...
Qualche timidissimo segnale che induce all'ottimismo c'è,ed è in gran parte merito delle trasformazioni economiche che hanno investito quel Paese...
Le Olimpiadi del 2008 sotto questo punto di vista rappresentano una grande occasione per il popolo cinese...
Interrompere quel processo sarebbe deleterio...
Un boicottaggio in nome dei diritti umani può apparire giusto da un punto di vista strettamente ideale,ma a livello pratico sarebbe non solo inutile (non migliorerebbe in alcun modo la situazione per quanto riguarda i diritti umani e la democratizzazione) ma sarebbe addirittura controproducente (colpirebbe molti lavoratori cinesi e arresterebbe quel processo che vedendo allargarsi sempre di più la libertà economica comporta una presa di coscienza della propria situazione e la richiesta delle altre libertà)...
Questa opinione è stata espressa anche da Sergio Romano sulle pagine del "Corriere della Sera"...

Federico Zuliani ha detto...

...e anche da Ted Turner in un intervista su "il Mondo" di questa settimana. Che devo dire...il tuo punto di vista lo trovo anche condivisibile, però da romantico idealista boicotterei comunque. Se invece mettessi da parte per un attimo il "sentimento" in favore della "ragione" beh, probabilmente sarei d'accordo con te, Romano e Turner...è dura però, rinunciare al "sentimento"...

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

Più che sentimento il punto è questo...
Si pone una questione,ovvero il problema della violazione dei diritti umani in Cina e la non democraticità di quel regime...
Stabilito un obiettivo ci si fa la seguente domanda:
Qual'è il modo più efficace per cercare di conseguirlo?
Analzzata la situazione la linea Friedman-Turner-Romano razionalmente sembra essere quella migliore in funzione dell'obiettivo...

Atteggiamenti rigidi come detto spesso producono effetti controproducenti...
Ne è la dimostrazione la politica del disastroso Presidente Usa Jimmy Carter...
Puntò tutto su una linea intransigente circa il rispetto dei diritti umani...
In funzione di essa decretò il blocco delle importazioni di prodotti agricoli dall'Urss (oltre a boicottare le Olimpiadi di Mosca)...
Risultato: diede enormi argomenti antioccidentali alla propaganda sovietica,non determinò alcun miglioramento circa il rispetto dei diritti umani in Unione Sovietica,colpì i contadini sovietici (che non centravano nulla) impoverendoli e causò un enorme danno all'economia americana,suscitando veementi proteste negli Usa...

Anche perchè -onestamente- se boicottassimo la Cina allora coerentemente dovremmo smettere anche di comprare il petrolio dall'Aravbia Saudita o dall'Iran...

Federico Zuliani ha detto...

"Anche perchè -onestamente- se boicottassimo la Cina allora coerentemente dovremmo smettere anche di comprare il petrolio dall'Aravbia Saudita o dall'Iran..."

Magari si potesse...in primis x una questione energetico-economica, oltre x quella ideal-politica.


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