Qual è lo stato presente dei costumi degli italiani? Osservo da qualche anno una benvenuta e benedetta diminuzione della temperatura emotiva dei miei compatrioti. È possibile che la piccola guerra civile tra italiani sia finalmente pervenuta non dico a una soluzione, ma almeno a un armistizio? Per guerra civile intendo quel volgare punzecchiarsi a vicenda e l’altrettanto volgare proclamare ad alta voce le proprie convinzioni politiche nei luoghi e tempi più inopportuni che ammorbava la vita di società in Italia. Mi pare che, dall’instaurazione del secondo governo Prodi, un proficuo esaurirsi delle passioni politiche, un redditizio disincanto sia finalmente penetrato nelle nostre coscienze troppo riscaldate. I costumi si stanno forse smussando, e al tempo stesso fortificando? Speriamolo. Più mature passioni, meno impennacchiate di parole e più solidamente piantate nel cuore, forse stanno fiorendo. E, invece, forse inizia a sfiorire l’insuperabile bisogno adolescenziale di relazioni calde e di concordanze emotive che spesso si celava dietro l’onnipresenza negli uffici, nei bar e nelle piazze dei conflitti verbali sui fatti politici del giorno. La società moderna, scriveva Leopardi nel suo saggio “Sullo stato presente dei costumi degli italiani”, è fatta di relazioni al tempo stesso amichevoli e fredde. Nella società moderna ci si associa con la massima cortesia e con un calore schivo, se non scostante, per perseguire obiettivi comuni e non per fondersi in comunità identitarie. La società obbedisce alla ragione strumentale e non a obiettivi che abbiano un valore di verità naturale. Io credo che è soprattutto a sinistra si può notare questo disincanto, questo raffreddarsi delle anime.
Tutto bene, allora? Può darsi. Ma, a pensarci, questo è un ragionamento un po’ provinciale. Obbedisce al solito comandamento dell’Italia come nazione incompiuta, nazione che troverà la sua pace solo quando si sarà trasformata in un’altra Inghilterra, o in un’altra Francia, a seconda dei gusti. La verità è solo parzialmente questa. Il liberalismo italiano, per fortuna, da tempo non si limita a triturare questi concetti già macinati da altri, ma ha iniziato a riflettere e a operare una felice contaminazione con elementi conservatori. Per quanto ci possa far bene, a noi italiani, imparare a coltivare il pathos della distanza, il nostro percorso non può limitarsi a questo. Una pallida imitazione di Albione o di Marianna non è una direzione. Così come una società non può limitarsi a coltivare solo lo spirito di impresa. Deve semmai favorirlo nelle aziende al massimo grado, ma non aziendalizzarsi. Insomma, ci può essere una società di mercanti, come era la Repubblica di Venezia, ma non una società-mercante, come non fu mai la Repubblica di Venenzia. Non dobbiamo dimenticare la lezione di Burke. Accanto alla ragione strumentale e accanto alla “società stretta” di Leopardi dobbiamo trovare quella verità naturale che è propria dell’Italia, verità che spinga sangue nelle stanche arterie di questo disorientato paese.
Tutto bene, allora? Può darsi. Ma, a pensarci, questo è un ragionamento un po’ provinciale. Obbedisce al solito comandamento dell’Italia come nazione incompiuta, nazione che troverà la sua pace solo quando si sarà trasformata in un’altra Inghilterra, o in un’altra Francia, a seconda dei gusti. La verità è solo parzialmente questa. Il liberalismo italiano, per fortuna, da tempo non si limita a triturare questi concetti già macinati da altri, ma ha iniziato a riflettere e a operare una felice contaminazione con elementi conservatori. Per quanto ci possa far bene, a noi italiani, imparare a coltivare il pathos della distanza, il nostro percorso non può limitarsi a questo. Una pallida imitazione di Albione o di Marianna non è una direzione. Così come una società non può limitarsi a coltivare solo lo spirito di impresa. Deve semmai favorirlo nelle aziende al massimo grado, ma non aziendalizzarsi. Insomma, ci può essere una società di mercanti, come era la Repubblica di Venezia, ma non una società-mercante, come non fu mai la Repubblica di Venenzia. Non dobbiamo dimenticare la lezione di Burke. Accanto alla ragione strumentale e accanto alla “società stretta” di Leopardi dobbiamo trovare quella verità naturale che è propria dell’Italia, verità che spinga sangue nelle stanche arterie di questo disorientato paese.
5 commenti:
Io aspetterei a parlare. Vedrai che se torna Berlusconi riparte la 'guerra civile'...
L'Italia s'è tranquillizzata solo perchè la sinistra ultimamente è stata parecchio bastonata, ma aspetta che gli occhi siano di nuovo puntati su Berlusconi e ritornerà tutto come prima.
L'essenza del nostro paese è tutta ne "Il Gattopardo": è uno scontro continuo, e sembra sempre che debba cambiare tutto, ma alla fine non cambia nulla.
Casini su Fini "io polemizzo con Berlusconi, non con i suoi replicanti".
Diliberto - parlando di una mostra di libri antichi organizzata dal forzista Dell'Utri, cui lo accomuna la passione per i libri - "Cerchiamo di stare il più lontano possibile da questa cosa di Dell'Utri".
La "battaglia" è già iniziata...
Di gran classe, questo rientro nell'agone blogosferico da parte di GMR.
E molto suggestivo il richiamo alla Repubblica di Venezia, piccolo eden mercantile e premoderno, come monito contro un liberismo "demoralizzato" (cioè disinteressato a porsi continuamente il problema di cosa e come sia lecito mercificare o meno).
Il risvolto di psicologia collettiva descritto da Giovanni, secondo me, sta a significare più l'auspicio di una tendenza che non la constatazione di un avvenuto mutamento. Lo dico dopo aver spesso subito in prima persona i cascami dell'invadenza ideologica altrui. Una volta, sul treno, uno statale calabrese mi sfilò Il Foglio di mano senza nemmeno presentarsi e si mise a leggere il colophon del giornale associando ad ogni nome i suoi trascorsi giudiziari: fu una plateale travagliata ferroviaria, diciamo.
Meglio scoprire un po' di understatement, lato buono dei britannici, e coniugarlo alla passione politica, lato buono degli italiani.
Devo dirlo caro psicoterapeuta: non avrei mai immaginato di trovarla proprio qui - quando ormai disperavo di risentirla - in questo club di giovanotti di belle speranze, dediti a profonde riflessioni filosofiche e politiche, oltre che alla concupiscenza delle belle figliole. Dunque è vivo e pure vegeto! Detto tra noi, campioni di pigrizia cronica, il suo scatto di reni è ammirevole ed è anche un muto rimprovero per il sottoscritto che non ha mai trovato il tempo di offrire un frutto del proprio ingegno agli Orange.
Secondo me la guerra civile, artatamente protratta per quindici anni dagli eredi del comunismo, finirà proprio in Aprile. Il popolo di sinistra trova ormai sempre più faticoso ostentare la maschera della purezza democratica da opporre all'avversario di turno. E' importante che Berlusconi vinca bene: quindi turiamoci il naso, resistiamo allo scoramento, e facciamo il nostro dovere.
La messa è finita, andate in pace.
io credo che i continui battibecchi su discussioni politiche vuote che fanno infervorare gli animi, in Italia ci sarà ancora per molto tempo. Il problema nostro è l'ignoranza dilagante della gente in politica. Molte persone utilizzano temi sentiti il giorno prima al telegiornale o da una amica in sala d'aspetto dal dottore per provare le loro deboli idee. Manca la cultura dell'approfondimento che ti permette di essere titolare di esprimere un opinione sensata, non dettata da luoghi comuni o da pregiudizi.
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