giovedì 29 maggio 2008

IL VOTO ALLE DONNE: UN LUNGO CAMMINO DI CIVILTA'

di Sara Acireale

Bisogna riconoscere che la battaglia per il riconoscimento del diritto di voto alle donne, dall'800 al 1946 è tutta in salita. La questione non trova molti consensi nel mondo politico ai primi del 900. Il debutto del voto femminile avvenne nelle elezioni per la ricostutuzione delle amministrative democratiche che si svolsero dal 10 marzo al 7 aprile 1946 in 5.772 comuni. Le donne parteciparono a questo diritto civile in modo molto massiccio, contribuendo a eleggere le prime consigliere comunali. Ma la vera "prima volta" delle elettrici italiane si ebbe con il voto del 2 giugno per il referendum istituzionale e l'Assemblea costituente.

Circa il 90 per cento delle elettrici si recò alle urne. Tra le prime parlamentari italiane che si batterono affinché la Costituzione sancisse l'uguaglianza giuridica fra i sessi ricordiamo le comuniste Teresa Mattei, Teresa Noce, Nilde Jotti e la socialista Lina Merlin.

Nel 1864 Anna Maria Mozzoni nell'opuscolo LA DONNA E I SUOI RAPPORTI SOCIALI denunciava quanto segue: "La donna ha sempre subito la legge, senza concorrere a farla". In quell'epoca al movimento socialista stava più a cuore la legislazione sociale che non il voto alle donne, considerato un obiettivo borghese.

Nel 1910 la questione del voto alle donne fu al centro di un acceso contrasto fra Filippo Turati e la sua compagna Anna Kuliscioff ; Turati era contrario e Anna Kuliscioff favorevole a impegnare il partito socialista in questa battaglia. Tuttavia nel 1912 alcuni deputati socialisti (tra cui lo stesso Turati) proposero un emendamento per estendere il diritto di voto alle donne. Giolitti considerava il voto alle donne "un salto nel buio" e l'emendamento fu respinto con 209 voti contrari, 48 a favore e 6 astenuti.

La questione tornò di attualità dopo la prima guerra mondiale. Anche il papa Benedetto XV si pronunciò a favore del voto alle donne.
Il 6 settembre 1919 la Camera approvò con174 voti favorevoli e 55 contrari la legge che concedeva il voto alle donne. Prima che il provvedimento fosse approvato dal Senato, si verificò lo scioglimento delle camere. Nella nuova legislatura stesso iter: legge approvata dalla Camera dei deputati, ma il Senato non fece in tempo ad approvare la legge.

La marcia su Roma di Mussolini fece saltare tutto. La primavera del 1946 era ancora molto lontana.

7 commenti:

Federico Zuliani ha detto...

E' una vergogna ke il nostro sia stato uno degli ultimi Paesi del "mondo civilizzato" a concedere il voto alle donne...

Anonimo ha detto...

Io sarò tradizionalista, ma le donne dovrebbero stare in casa a cucinare. Oggi guidano, votano, esprimono pensieri. Mah... dove andremo a finire?

Anonimo ha detto...

Ma è così difficile firmarsi?
I più gradi cuochi sono uomini e sono sempre più le donne che non sanno neppure friggere un uovo, purtroppo. Le donne guidano, votano, pensano ed esprimono opinioni, ma ancora non sono nei ruoli chiave in cui si decide. Forse il mondo sarebbe un po' meno violento, un po' più giusto.

Anonimo ha detto...

Anche gli uomini potrebbero stare in casa a cucinare. Siamo nel 2008 e,purtroppo, ci sono ancora degli anonimi che ragionano così.Abbiamo visto che le donne quando sono al potere si sanno comportare bene.Se prima i grandi scrittori e i grandi compositori erano uomini era soltanto perchè non si dava opportunità alle donne.Mozart, sin da piccolo, era un genio della musica,ma sua sorella era ancora più brava di lui, però il padre non le ha dato le opportunità che sono state elargite al suo celebre fratello. Nel campo della letteratura Matilde Serao e Grazia Deledda, per diventare celebri, hanno dovuto dimostrare di essere ancora più brave degli uomini e la Deledda ha dovuto faticare tantissimo per avere il Nobel. A Matilde Serao il Nobel nn è stato dato perchè era contraria al regime di Mussolini.Oggi,grazie al cielo, non è più così, ma ancora la donna deve faticare per entrare in determinati ambienti. Se non erro ancora non esiste una donna direttrice d'orchestra. In tv le vallette affiancano sempre il presentatore maschio che fa la parte del mattatore. E' ora di finirla.

Anonimo ha detto...

Sul commento anonimo, no comment. Spero solo fosse uno scherzo...

A Sara invece voglio dire che bisogna stare attenti a non confondere l'uguaglianza formale con quella sostanziale. Il fatto che non esistano direttori d'orchestra donne non significa necessariamente che in quell'ambiente ci siano delle discriminazioni. Uomini e donne sono diversi, e ci sono attività che riescono meglio ai primi e altre che riescono meglio alle seconde.

A questo proposito, è interessante la disputa sulla obbligatoria (per legge) parità di retribuzione fra lavoratori maschi e lavoratori femmine. Io ritengo che sostenere l'obbligo della parità dei redditi sia un modo ideologico di valutare la questione femminile, perchè non tiene conto della realtà naturale: la donna, statisticamente, crea più problemi al datore di lavoro a causa della maternità, e questo abbassa il suo valore di mercato. Obbligare l'imprenditore alla parità salariale equivale quindi a condannare le donne ad un difficle accesso al mondo del lavoro, perchè a parità di costo il datore di lavoro sceglierà sempre di assumere un uomo.

Insomma, una cosa è l'ideale di non-discriminazione arbitraria basata esclusivamente sul sesso, che mi vede d'accordo, un'altra è l'ideologia femminista, che come tante altre ideologie (quella Gay, quella sindacale, quella razzista ecc.) insegue un mito astratto e scollato dalla realtà, e affonda le sue radici in dottrine che col liberalismo hanno poco a che fare.

Cervo ha detto...

Esempi di donne direttori/direttrici d'orchestra:

Carmen Bulgarelli Campori (morta nel '65)
Marin Asolp, la prima al teatro La Scala.
Nicoletta Conti

"come tante ideologie [...] affonda le sue radici in dottrine che col liberalismo hanno poco a che fare."

Infatti non è detto che il "liberalismo" risolva tutte le questioni del mondo. Non è che perchè una cosa non va d'accordo (<-autoironia) con il "liberalismo" sia sbagliata e lo sia proprio per quel motivo.

"Io ritengo che sostenere l'obbligo della parità dei redditi sia un modo ideologico di valutare la questione femminile, perchè non tiene conto della realtà naturale: la donna, statisticamente, crea più problemi al datore di lavoro a causa della maternità, e questo abbassa il suo valore di mercato."

"Obbligare l'imprenditore alla parità salariale equivale quindi a condannare le donne ad un difficle accesso al mondo del lavoro, perchè a parità di costo il datore di lavoro sceglierà sempre di assumere un uomo."

In effetti la legge fa una cosa diversa: le legge obbliga TUTTI gli imprenditori alla parità salariale, sottraendo questo fattore al computo delle "ottimizzazioni" che si possono e quindi, immedesimandosi nel ruolo di un imprenditore, si debbono fare per questioni di concorrenza e di profitto. TUTTI gli imprenditori vengono "penalizzati" allo stesso modo, quindi nessuno rischia di andare fuori mercato perchè ha assunto una o troppe donne. Infatti in regime di parità effettiva tutti gli imprenditori avrebbero i propri salariati divisi in un 50% di uomini e in un 50% di donne e "pagherebbero" lo stesso costo causato da maternità e altri inconvenienti.

In regime di concorrenza globale, in cui un imprenditore deve confrontarsi con colleghi che operano in Paesi dove sono obbligati alla parità salariale, due sono le strade percorribili: si possono abbassare gli standard di civiltà dei paesi in cui c'è la parità, oppure forzare i paesi in cui non c'è ad adottarla. Come?

E' un problema che il liberismo non è in grado di risolvere. Dal momento che il liberismo non può risolverlo ed il liberismo è il dogma, il problema non può essere affrontato per cui si scappa a gambe levate verso l'altra direzione.

"Anche gli uomini potrebbero stare in casa a cucinare. Siamo nel 2008 e,purtroppo, ci sono ancora degli anonimi che ragionano così."

Ci sono anche delle persone che si firmano ("Francesco") e che la pensano così ma la prendono un pò più alla larga.

"la donna, statisticamente, crea più problemi al datore di lavoro a causa della maternità"

Vero? Se poi ci aggiungi che deve fare la spesa, lavare i piatti ed il bucato dei figli e (visto che c'è) del marito, pulire la casa, quando è che hanno tempo di andare non dico a lavorare ma a cercarsi un lavoro?

Anonimo ha detto...

Per quel troglodita che ha lasciato un commento anonimo: già sei un emerito cretino a permetterti di scrivere queste cavolate su internet poi siccome sei consapevole di aver detto una stronzata grossa come il mondo e di essere solo uno stupido essere ritardato ti fai scrupoli a lasciare il tuo nome e t'ha salvato il culo l'anonimo sennò non avresti mai avuto il coraggio di scriverlo...quindi se propio devi sforzare quel piccolo organo che ti trovi dentro la testa per scrivere delle stupidaggini almeno abbi il coraggio di farlo fino in fondo!!!!! E comunque carissima testa di cazzo ti sei fregato da solo perchè è propio per gli esseri cm te che le donne hanno richiesto gli spettati e dovuti diritti!! Quindi non credere di aver detto una bella cosa e di potertene vantare perchè il pensiero che hai espresso vale meno di uno sputo...dubito che le donne potrebbero esprimerne di peggio...tante care cose


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