giovedì 12 giugno 2008

COERENZA O COMPLETEZZA? IL CASO DELLE NORME EDILI

di Ismael

Nel primo quadrimestre del 2008, il settore dell’edilizia è stato interessato dall’emanazione di due leggi finalizzate a ottenere l’agognata “certezza tecnica” in altrettante branche del comparto: il calcolo strutturale e la sicurezza nei cantieri. La filosofia di questi Testi Unici risponde alla logica della completezza formale che, come vedremo, mal si accorda al principio della coerenza sostanziale.

Le Norme Tecniche del 14 Gennaio scorso abbracciano tutto lo scibile specifico nell’ambito dell’ingegneria civile, di modo da recepire organicamente gli Eurocodici. Curioso come l’uscita di tale disposto sia stata successiva all’approvazione del decreto “milleproroghe” che, all’articolo 20, rinviava l’operatività esclusiva delle Norme stesse – ritardando di fatto l’applicazione di una legge ancora in attesa di essere decretata. Ad ogni modo il nuovo Testo Unico, emendando la stesura del 2005, elimina il concorso del committente (colui che incarica un appaltatore di eseguire un’opera) nelle scelte tecniche e nella valutazione della sicurezza.

A tale proposito, il § 2.1 del precedente strumento legislativo recitava: “I livelli di sicurezza devono essere scelti dal Committente e dal Progettista, di concerto, in funzione dell’uso e del tipo di struttura, della situazione di progetto, nonché delle conseguenze del danno o del collasso, con riguardo a persone, beni e possibile turbativa sociale, come anche del costo delle opere necessarie per la riduzione del rischio di danno o collasso”.

Il grassetto, mio, vuole mettere in rilievo la corresponsabilità patrimoniale stabilita dalla vecchia legge: se il committente avesse risparmiato su presidi la cui assenza, eventualmente, si fosse poi dimostrata causa di eventi infausti, in altre parole lo si sarebbe potuto chiamare a correo del sinistro assieme al progettista.
Nulla di tutto questo sta scritto nella nuova versione delle Norme, che quindi attribuiscono le responsabilità del caso interamente al tecnico.

Il Decreto Legislativo 81 del 9 Aprile 2008, dal canto suo, all’Articolo 2 definisce il “datore di lavoro” come il soggetto che “ha la responsabilità dell’organizzazione [...] o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”. Entrando nel merito dei cantieri mobili (Titolo IV), l’Articolo 89 del disposto definisce “committente” il soggetto “per conto del quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione”, mentre “impresa affidataria” diviene la ditta “titolare del contratto di appalto con il committente che, nell’esecuzione dell’opera appaltata, può avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi”.

Come si vede, nella casistica in esame la palma di “datore di lavoro” spetta più al committente che all’imprenditore. Il suddetto articolo, inoltre, individua la figura del “responsabile dei lavori” nel soggetto “incaricato, dal committente, della progettazione o del controllo dell'esecuzione dell'opera; tale soggetto coincide con il progettista per la fase di progettazione dell’opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell’opera”. Il mandante della commessa può dunque demandare in toto le sue responsabilità a uno specialista appositamente prescelto? Non proprio: all’Articolo 93 si legge che il committente “è esonerato dalle responsabilità connesse all’adempimento degli obblighi limitatamente all’incarico conferito al responsabile dei lavori. In ogni caso il conferimento dell’incarico al responsabile dei lavori non esonera il committente dalle responsabilità connesse alla verifica degli adempimenti degli obblighi di cui agli articoli 90, 92, comma 1, lettera e), e 99”, che prevedono tra l’altro la trasmissione della notifica preliminare alla AUSL e allo SPISAL di competenza.

Non starò a dilungarmi in tirate liberiste sul carattere vessatorio di questa nuova legge, che affronta il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro un po’ come le lenzuolate di Vincenzo Visco facevano con la legalità tributaria – manifestando cioè la più recisa ostilità nei confronti di chi, per un motivo o per l’altro, regge i cordoni della borsa. Meglio casomai evidenziare i punti del dettato normativo che, a mio avviso, promettono di generare i contenziosi più vivaci. Ad esempio: se il committente nomina il responsabile dei lavori anche suo fiduciario di cassa, lasciandogli formalmente carta bianca nella gestione del portafoglio lavori, è davvero possibile sostenere che il “datore di lavoro” non diventi quest’ultimo? E ancora: nelle more della notifica preliminare, quando il progettista può aver terminato da molto tempo il suo compito e il direttore lavori può non essere ancora stato incaricato, è materialmente congruo distinguere tra committente e responsabile dei lavori?

Nell’attesa di sapere come evolverà la giurisprudenza di merito, torniamo all’argomento cui si accennava all’inizio. Abbiamo visto che le due principali norme regolatrici del processo edilizio assumono un diverso atteggiamento nei riguardi della responsabilità patrimoniale del committente: assente nel caso del progetto strutturale, pressoché oggettiva se si passa al coordinamento della sicurezza. Dice: ma la malizia sparagnina di un profano non può spingersi fino a optare per la soluzione costruttiva più economica persino sotto il profilo dell’analisi matematica. Eppure basta rivolgersi a un tecnico privo delle credenziali specifiche (un geometra, tanto per capirci) per sapere benissimo di stare deliberatamente risparmiando, che so, sulla protezione sismica anche del villino più minimalista. E non vigilare sulla corretta esecuzione dell’immobile commissionato e sull’adempienza di tutti gli attori coinvolti costituisce un comportamento negligente e rischioso in ogni caso.

Comunque la si voglia mettere, in edilizia il concetto di “sicurezza” non riguarda solo la (sacrosanta) salvaguardia delle maestranze, ma tutti i frequentatori dell’opera d’arte nel loro complesso: perciò occorre determinare univocamente se e quali pregiudiziali di responsabilità attribuire a chi quell’opera ordina.
In conclusione, si può apprezzare l’incompatibilità göedeliana tra coerenza e completezza nei sistemi giuridici. Vale a dire che normative e regolamenti hanno maggior probabilità di contraddirsi internamente al crescere della loro minuziosità. Per non parlare del “non detto” che grava anche sulle norme più esaustive e deterministe, naturalmente.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Inutile dire che la penso ESATTAMENTE come te. In ambito accademico è sempre più in crisi l'idea positivista, illuminista, sistemica e codicistica del diritto. L'idea che esso possa essere completo, dettagliato e coerente è ormai una barzelletta nella dottrina di tutta europa.

Il problema è, però, che il legislatore è rimasto parecchio indietro rispetto alla dottrina, un po' per ignoranza, un po' per senilità della nostra classe politica, la quale è uscita dalle università molto prima che i libri di Kelsen diventassero buoni solo per alzare le gambe zoppe dei tavoli, un po' per furbizia. Furbizia nel senso che la gente, come ha scritto recentemente Federico Rand si aspetta sempre che i politici risolvano i problemi con qualche tipo di intervento, anche se questo è impossibile. Il problema della sicurezza, e delle cosiddette "morti bianche", ne è un esempio perfetto. Sappiamo che esse sono quasi sempre il risultato di condotte individuali imprudenti, ma l'isteria collettiva spinge i politici a "fare qualcosa", emanando leggi su leggi e imbrigliando sempre più la vita delle persone con la legittimazione del vecchio mito della legge "completa e dettagliata" che dovrebbe guidare le persone verso i giusti comportamenti.

Il rislutato è, ovviamente, quello di cui parli e che vediamo in ogni branca dell'ordinamento. 10 leggi sullo stesso argomento non aumentano il livello di precisione di quell'ambito normativo, ma lo rendono soltanto caotico, farraginoso, litigioso e scarsamente libero.

Concludo con una frase che mi attirerà l'odio di molti: quanto detto è, lo vogliate o no, una conseguenza dell'illuminismo, dei suoi errori e della sua ideologia. La burocrazia nasce da lì!

Federico Zuliani ha detto...

"Concludo con una frase che mi attirerà l'odio di molti: quanto detto è, lo vogliate o no, una conseguenza dell'illuminismo, dei suoi errori e della sua ideologia. La burocrazia nasce da lì!"

Tutte le grandi cose sono cmq imperfette ed hanno i loro "contro"...

Cervo ha detto...

"Sappiamo che esse sono quasi sempre il risultato di condotte individuali imprudenti"

In che senso? Puoi articolare meglio?

Non capita mai che la gente debba lavorare in condizioni non sicure perchè se si lamenta perde il posto?
Gli italiani sono più imprudenti degli altri?

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie


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