Pochi anni dopo che Horkheimer e Adorno ebbero descritto la personalità autoritaria come tipica di uomo deteriore e superato dalla storia, un uomo dominato da idee anti-semitiche, etnocentriche e “pseudoconservatrici” (da notare lo pseudo-, che in fondo concede una via di uscita onorevole al conservatore; ma si tratta di un piccolo uscio che porta a uno sgabuzzino in cui il conservatore buono se ne starà innocuo e inoffensivo in un cantuccio della storia) furono pubblicati saggi dedicati sulla personalità democratica.
Questa volta i toni erano, naturalmente, celebrativi, spesso ingenuamente celebrativi. Questi studi apparvero negli anni sessanta, e esploravano la personalità della nuova gioventù liberata, che ben presto avrebbe dato vita ai movimenti del ’68. Keniston (1967) con toni ancora non troppo polemici verso il passato, sostenne che questi giovani avevano potuto sviluppare una mentalità libera e aperta grazie all’ambiente sanamente socializzante e progressivo assicuratogli dai genitori, e grazie a una educazione permissiva (e magari anche grazie a una prosperità senza precedenti nella storia, aggiungerei). I ragazzi di simpatie radicali venivano giudicati –sempre in termini rigorosamente scientifici, sia chiaro- psicologicamente autonomi, naturalmente antiautoritari, e anche moralmente probi (Haan, Smith e Block, 1968; Westby, 1976).
Ma per altri studiosi il merito non era tutto dei genitori permissivi. Infatti questi giovani, scriveva Flacks (1967) –più polemico del Keniston che aveva omaggiato i saggi genitori dei giovani progressisti degli anni ‘60- si erano emancipati da ambienti oppressivi e autoritari. Inglehart (1971, 1977) proseguiva la polemica generazionale notando che questi giovani si erano liberati dei valori materialisti e acquisitivi dei padri. Infine Reich (1970), arrivato in cima a questo crescendo celebrativo, dichiarava che questi giovani erano l’espressione di un nuovo livello di coscienza raggiunto dall’umanità, un livello che Reich chiamò "Consciousness III", il livello di coscienza di un vero e proprio superuomo, sia pure di sinistra. Costui era davvero un uomo nuovo, capace di coniugare realizzazione personale e capacità sociale e comunitaria.
Insomma un socialista democratico, con una giusta dose di liberale aspirazione a realizzarsi in maniera autonoma, ma la di fuori di ogni volontà di accumulo economico, anzi con un pizzico di comunitaria affezione alla terra. Una spolveratina finale di un velo di fascismo buono sulla torta social-liberale. Ma, come sappiamo, in capo a pochi anni il giovane social-liberale troppo spesso si sarebbe tramutato in un truce tecnico della lotta armata.
È difficile non rimanere perplessi di fronte a tanta ingenua impudenza. Mi chiedo se mai altri gruppi umani si siano mai descritti in termini così auto-indulgenti. A pensarci bene sicuramente sì, se pensiamo alla fede calvinista nella predestinazione, o a certe descrizioni leggendarie che di sé si sono date tanti popoli. Commuoversi di se stessi è un vizio antico di tanti popoli, o gruppi umani. Ma forse è ora di iniziare a criticare questa personalità progressista. Lo faremo nel prossimo articolo.
Flacks, R. (1967). The Liberated Generation: An Exploration of the Roots of Student Unrest. Journal of Social Issues, 23, 35-61.
Inglehart, R. (1971). The Silent Revolution in Europe : Intergenerational Change in Post-Industrial Societies. American Political Science Review, 65, 991-1017.
Inglehart, R. (1977). The Silent Revolution. Princeton: Princeton University Press.
Keniston, K. (1967). The sources of student unrest. Journal of Social Issues, 23, 108-37.
Haan, N., Smith, M.B., Block J. (1968). Moral Reasoning of Young Adults: Political-Social Behavior, Family Background, and Personality Correlates..Journal of Personal and Social Psychology, 10, 183-201.
Westby, David (1976). The Clouded Vision. Cranbury , N.J. : Associated University Press.
Reich, C. (1970). The Greening of America . New York : Random House.
Questa volta i toni erano, naturalmente, celebrativi, spesso ingenuamente celebrativi. Questi studi apparvero negli anni sessanta, e esploravano la personalità della nuova gioventù liberata, che ben presto avrebbe dato vita ai movimenti del ’68. Keniston (1967) con toni ancora non troppo polemici verso il passato, sostenne che questi giovani avevano potuto sviluppare una mentalità libera e aperta grazie all’ambiente sanamente socializzante e progressivo assicuratogli dai genitori, e grazie a una educazione permissiva (e magari anche grazie a una prosperità senza precedenti nella storia, aggiungerei). I ragazzi di simpatie radicali venivano giudicati –sempre in termini rigorosamente scientifici, sia chiaro- psicologicamente autonomi, naturalmente antiautoritari, e anche moralmente probi (Haan, Smith e Block, 1968; Westby, 1976).
Ma per altri studiosi il merito non era tutto dei genitori permissivi. Infatti questi giovani, scriveva Flacks (1967) –più polemico del Keniston che aveva omaggiato i saggi genitori dei giovani progressisti degli anni ‘60- si erano emancipati da ambienti oppressivi e autoritari. Inglehart (1971, 1977) proseguiva la polemica generazionale notando che questi giovani si erano liberati dei valori materialisti e acquisitivi dei padri. Infine Reich (1970), arrivato in cima a questo crescendo celebrativo, dichiarava che questi giovani erano l’espressione di un nuovo livello di coscienza raggiunto dall’umanità, un livello che Reich chiamò "Consciousness III", il livello di coscienza di un vero e proprio superuomo, sia pure di sinistra. Costui era davvero un uomo nuovo, capace di coniugare realizzazione personale e capacità sociale e comunitaria.
Insomma un socialista democratico, con una giusta dose di liberale aspirazione a realizzarsi in maniera autonoma, ma la di fuori di ogni volontà di accumulo economico, anzi con un pizzico di comunitaria affezione alla terra. Una spolveratina finale di un velo di fascismo buono sulla torta social-liberale. Ma, come sappiamo, in capo a pochi anni il giovane social-liberale troppo spesso si sarebbe tramutato in un truce tecnico della lotta armata.
È difficile non rimanere perplessi di fronte a tanta ingenua impudenza. Mi chiedo se mai altri gruppi umani si siano mai descritti in termini così auto-indulgenti. A pensarci bene sicuramente sì, se pensiamo alla fede calvinista nella predestinazione, o a certe descrizioni leggendarie che di sé si sono date tanti popoli. Commuoversi di se stessi è un vizio antico di tanti popoli, o gruppi umani. Ma forse è ora di iniziare a criticare questa personalità progressista. Lo faremo nel prossimo articolo.
Flacks, R. (1967). The Liberated Generation: An Exploration of the Roots of Student Unrest. Journal of Social Issues, 23, 35-61.
Inglehart, R. (1971). The Silent Revolution in Europe : Intergenerational Change in Post-Industrial Societies. American Political Science Review, 65, 991-1017.
Inglehart, R. (1977). The Silent Revolution. Princeton: Princeton University Press.
Keniston, K. (1967). The sources of student unrest. Journal of Social Issues, 23, 108-37.
Haan, N., Smith, M.B., Block J. (1968). Moral Reasoning of Young Adults: Political-Social Behavior, Family Background, and Personality Correlates..Journal of Personal and Social Psychology, 10, 183-201.
Westby, David (1976). The Clouded Vision. Cranbury , N.J. : Associated University Press.
Reich, C. (1970). The Greening of America . New York : Random House.
16 commenti:
Condivido in pieno il suo articolo.
Ho però una domanda: l'ha scritto da solo o è un articolo frutto di una collaborazione di più persone?
Io non ho capito questa frase: "Una spolveratina finale di un velo di fascismo buono sulla torta social-liberale."
Già mi è difficile comprendere il lemma "torta" riferito a un'ideologia social-liberale. Immagine suggestiva, sì, poetica, certamente. Ma il significato? E il fascismo "spolverato" ("spolverato"? ma che vuol dire?) su questa "torta"? Quale dei tanti aspetti e/o caratteristiche del fascismo è "spolverato" sulla "torta"? In sostanza, cosa sarebbe il "fascismo buono"?
Non è forse che si tentava una semplificazione grossolana, seppure pittoresca di un indefinito gruppo sociale (ormai morto e sepolto, se mai è esistito con contorni così netti)?
E quale giovane che sia mai stato social-liberale (fuori i nomi) si sarebbe tramutato in un "truce tecnico della lotta armata"? Ho sempre pensato che i "truci tecnici della lotta armata" tutto erano (sono) fuorché social-liberali.
Emanuele
Caro Emanuelito, il "fascismo buono" si riferisce al quel tanto di comunitarsmo ritenuto accettabile nei movimenti di idee del '68. E' noto che ci fu un momento iniziale in cui estremismi di destra e sinistra parveo poter collaborare. Nel rifiuto di sinistra del capitalismo c'era una aspirazione romantica, da amici dei boschi e dela terra, che aveva un saporino di destra. La frase é: "con un pizzico di comunitaria affezione alla terra. Una spolveratina finale di un velo di fascismo buono".
Per anonimo: grazie. Quanto alla sua curiosità, ho scritto solo io.
Ovviamente ho taggato il pezzo un nanosecondo dopo averlo visto pubblicato qui.
Nel merito: io distinguerei tra l'autoindulgenza "generalizzata" dei gruppi umani arcaici e quella della sinistra (post)sessantottina. Se per i primi sussite infatti qualche attenuante antropologica - nel vero senso della parola -, per i secondi la giovanissima "età" del fenomeno e il suo esaltare non un'identità "verticale", bensì una "orizzontale" (la classe e/o la famiglia ideologica) funge invece da aggravante.
Si può capire che un intero popolo cerchi di nobilitare le proprie origini; molto meno che una parte sociale affibbi a se stessa la qualifica di "buona" - e, en passant, quella di "cattiva" a tutte le altre.
Ahh... ho capito. Quindi era questo il "fascismo buono", la "comunitaria affezione alla terra". E da quando in qua "l'aspirazione romantica nel rifiuto del capitalismo" e l'essere "amici dei boschi e della terra" (e che vorrebbe dire tutto questo? ambientalismo?) avrebbe "un saporino" di destra (e che vorrebbero dire - continuo a chiedere - espressioni come "un pizzico", una "spolveratina", la "torta"?). Spero vivamente che non vengano tirati in ballo Tolkien, i campi hobbit, lo yin e lo yang e baggianate simili...
A proposito di baggianate, per quanto riguarda il resto delle corbellerie?
Ascolta bene, cretino: "baggianate" e "corbellerie" vai a dirlo a casa tua, d'accordo?
Se sei talmente ignorante da non sapere che sia le ideologie progressiste sia quelle reazionarie trasferiscono le loro utopiche aspettative in un miticheggiante "altrove" (situato in un ipotetico futuro per le prime, in un iperboreo passato per le seconde), che spesso presenta tratti comuni indipendentemente dalle preferenze - in fin dei conti meno contrastanti di quanto si pensi - quanto agli assetti sociali, il problema è solo tuo e va risolto nelle sedi opportune (le librerie).
Sul "fuori i nomi" non vale nemmeno la pena di prendersela; ad ogni modo sappi che questo non è un mattinale di polizia giudiziaria. Visto che ci sei, studiati con calma le premesse (anarchico-sinistrorse, ovvero social-liberali) del Sessantotto hippie, che nel giro di pochi anni ha fornito documentatissima manovalanza al brigatismo rosso.
Così magari comprendi il senso di quell'espressione che tanta ipertensione ti ha provocato. E vedi di tenere a freno la tua arroganza, altrimenti gira al largo.
Ismael, hai ragione ma calmiamoci. Capisco che per me, quarantenne, è molto più facile controllarmi: non è un merito, ma solo un prodotto dell'invecchiamento. Emanuelito mi prende un po' in giro ma non è il caso di attaccarlo troppo.
Emanuelito: il sogno romantico del ritorno alla terra e alla natura è di "destra" quando, grosso-ìmodo, questo ritorno è immaginato già esserci stato in un passato pre- e anti-democratico. Chiaro che invece, in bocca a Rousseau, il concetto diventa di sinistra in quanto questo ritorno viene definito e immaginato "democratico" e non pre- o addirittura anti-democratico.
Libero pensiero ti ha risposto qui
PENSIERI SULLA SUPERIORITA' MORALE DELLA SINISTRA
..."È difficile non rimanere perplessi di fronte a tanta ingenua impudenza. Mi chiedo se mai altri gruppi umani si siano mai descritti in termini così auto-indulgenti. A pensarci bene sicuramente sì, se pensiamo alla fede calvinista nella predestinazione, o a certe descrizioni leggendarie che di sé si sono date tanti popoli. Commuoversi di se stessi è un vizio antico di tanti popoli, o gruppi umani. Ma forse è ora di iniziare a criticare questa personalità progressista. Lo faremo nel prossimo articolo."
Post:
Condivido in pieno il suo articolo.
Ho però una domanda: l'ha scritto da solo o è un articolo frutto di una collaborazione di più persone?
Risposta:
Per anonimo: grazie. Quanto alla sua curiosità, ho scritto solo io.
Replica:
Ecco, appunto, e allora perchè scrive "lo faremo nel prossimo articolo" Lo faremo chi?
Il plurale maiestatis suona un tantino di superiorità morale, non crede? Meglio evitare forse, visto il tema dell'articolo.
Esiste anche il plurale modestiae. Serve a
nascondere la propria individualità. E' come se suggerissi: non guardate alla mia (eventuale) bravura personale, ma al risultato. Inoltre il plurale modestiae vuole sottolineare che ogni prodotto ben fatto è frutto sempre dell'umanità intera e non di un me stesso mortale e limitato.
Che stile, GMR... :-) Non ti arrabbi mai, neanche quando arrivano dei commenti come quelli del nostro amico anonimo (che poi anonimo non è, dato che dallo 'stile' hanno capito tutti di chi si tratta) La pazienza è una gran virtù, devo imparare da te...
...dovremmo imparare tutti...certo, qdo uno riesce a fare incazzare perfino Ismael?!? Hai fatto bene, caro Edo, a rispondre a tono! Certe nullità, il fioretto nn se lo meritano...meglio la sciabola, anzi, il MITRA!
Non sono così imperturbabile. Mi sono appena arrabbiato in "real life", sia pure anche in questo caso controllandomi molto più che qualche anno fa.
Ringrazio GMR per la risposta. Non c'era nessun intento polemico, nè tantomeno denigratorio nella mia precedente. Tant'è che ho scritto "condivido in pieno il suo articolo". Semplicemente, e non mi vergogno a dirlo, (perchè c'è sempre qualcosa da imparare), io non conoscevo la forma del plurale modestiae, ma solo quella del plurale maiestatis. Da questa mia ignoranza nasceva l'appunto. Mi posso scusare solo ora, perciò, perchè in buona fede in precedenza mi sembrava una forma stridente rispetto al contenuto. Lo faccio volentieri, e mi scuso due volte, per l'ignoranza e per il fastidio involontariamente arrecato all'autore, che si è dimostrato un uomo di grande stile e di grande educazione. Che continuerò a leggere con interesse.
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