mercoledì 15 aprile 2009

MONTANELLI ANTI-ITALIANO

di Giovanni Maria Ruggiero

Sto leggendo i diari di Montanelli, da poco pubblicati sotto il titolo: “I Conti con Me Stesso”. I contenuti sono interessanti, anche se abbastanza prevedibili per chi conosce le vicende di quegli anni. Intrigano i suoi incontri con contemporanei più o meno noti e illustri. Sapevo già cosa pensava Montanelli, e sapevo già dove sarei stato d'accordo e dove no. Tra le cose che approvo di meno, il solito anti-italianismo di maniera (ma meno abbondante di quanto temessi), che tenta di travestirsi di brillantezza e di intelligenza toscana ed è invece troppo spesso sterile, gratuito e in fondo auto-compiaciuto.

Le critiche mature andrebbero fatte su problemi e accompagnate da una qualche idea risolutrice. Trovare spiegazioni generiche e catastrofiche, additare un colpevole inafferrabile -quale il misterioso carattere italiano- serve soprattutto ad assolvere la propria coscienza. L'indignazione è un'emozione, e come tutte le emozioni essa dura poco e partorisce solo sé stessa e gratifica solo sé stessa, senza insegnare nulla.

Alcuni anni fa ebbi in cura una paziente, guarda caso anch’egli toscana. Il suo problema era l’ansia, ma in più ella colorava il suo disturbo psicologico di una sua montanelliana polemica anti-italiana. Fu inevitabile invitarla a riflettere sul significato emotivo di quel suo rancore. Si trattava di un tipico intervento terapeutico: rendere il paziente consapevole della funzione dei propri stati emotivi. Inizialmente quella paziente rispose fornendo spiegazioni tra il politico e il sociologico, tutte al tempo stesso plausibili ma generiche, al fondo applicabili a qualsiasi paese. Infine, anche grazie alle mie insistenze, ammise la verità, dicendo: “Dovrei dunque rinunciare alla soddisfazione di disprezzare gli altri, di sentirmi migliore?” Sentirsi migliori attraverso l’abbassamento altrui e non attraverso il proprio innalzarsi. Questo non vuol dire rinunciare alla critica, ma costringersi alla critica concreta e priva di queste collaterali e sterili soddisfazioni. Scriveva Montaigne da qualche parte che la fiducia nella bontà altrui è una notevole testimonianza della propria bontà.

Rifletto poi sul fatto che Montanelli, nei suoi ultimi anni, sia riuscito a infettare la sinistra italiana con questo suo lamentoso anti-italianismo. Il diario suggerisce che anche Giorgio Bocca apprese questa posa dallo stesso Montanelli. L'anti-italianismo infetta e indebolisce la sinistra, rendendola ancor più invisa a quell'elettorato mediano che decide l'esito delle elezioni. Sinistra invisa e disprezzata, poiché è fin troppo chiaro che questo anti-italianismo non è cosa "di sinistra", ma è un atteggiamento imitato. La vecchia sinistra comunista ne era meno affetta, avendone intuito la provenienza estranea.

Questo fastidioso anti-italianismo nasce dalle debolezze del liberalismo italiano, un liberalismo intellettuale e "nerd", fatto di borghesi timidi e bibliotecari, separati dalla vita popolare e persi nelle fantasie libresche di una Inghilterra astratta e mai avvenuta. Fingendo di ignorare che il liberalismo inglese nacque e crebbe anche grazie a pirati e predoni. Il partito comunista aveva di buono il suo radicamento popolare. Oggi la sinistra adotta questo sussiego pseudo-borghese e cerca di combinarlo malamente con una brillantezza che vorrebbe essere virilmente satirica ed è invece sempre infantilmente pop, che nasce costantemente già nota che non diventa mai vera trasgressione. E' il doppio modello fornito dal giornale Repubblica e dalla proliferazione infinita della satira, la doppia falsa soluzione alla caduta ideologica del comunismo con le quali la sinistra si è avvelenata.

Ma basta sparare su questa sinistra, torniamo a noi. Questa retorica anti-italiana la apprendiamo quando parliamo tra amici, o in famiglia. Ecco il problema. Invece di educare noi stessi all’accortezza del giudizio, alla prudenza, alla capacità di controllarsi, all’attesa di nuove informazioni prima di giudicare, alla volontà di lasciare che gli stati d’animo di sviluppino e maturino al loro ritmo evitando che siano emessi nella loro forma più iniziale e più rozza, e infine al desiderio di apprendere quella giusta capacità di stimare gli altri che è alla base della società civile, facciamo altro. Ci diseduchiamo a questa caricatura dello spirito critico che è la disposizione eternamente risentita e sprezzante verso gli altri, disposizione che vuole travestirsi di arroganza e che invece è soprattutto timidezza e timore del confronto, disposizione che vuole vestirsi di intelligenza e che invece è una sorta di saggezza a buon mercato e buona a tutti gli usi.

12 commenti:

Jane Suskind ha detto...

Il tuo articolo calza a pennello con la polemica di Ridet, pubblicata su Le Monde dell'altro ieri. Bernardo Valli pure, sulla Repubblica di ieri, parla di quanto gli italiani non vogliano essere criticati.
Scusami se mi permetto sai, ma non credo che sia stato Montanelli a trasmettere alla sinistra l'anti-italianità.Credo che la gente sia sveglia.
Io sono una liberale fan di Montanelli col cuore a sinistra (nel senso di retaggio), dunque dovrei entrare a pieno titolo nel novero del tuo stereotipo. Ma purtroppo non sono una bibliotecaria, sono solo una persona che viaggia. Una persona che viaggia e si confronta. Non mi sento affatto "antropologicamente" migliore sai, a differenza della sinistra da Micromega. Confronto nella prassi, e nella prassi l'Italia fa schifo. Nella prassi all'estero ci prendono in giro; nella prassi Vespa in sette giorni non è stato capace di fare un servizio decente parlando di ricostruzione-quella vera, quella degli appalti e delle mafie-andando nelle zone dell'Irpinia a vedere che n'è stato. Un giornalismo da pacchetti di caramelle, infarcito di retorica, così legato alla logica dell'effimero da nemmeno pensare di essere storia (consiglio la lettura di Braudel).
Ma se il cancro è ovunque, è più facile restare, combattere e poi ammalarsi nell'impotenza, oppure andarsene via, non da persone migliori, ma semplicemente diverse e consapevoli insomma da anti-italiani?
Povero Montanelli, lui che la storia l'ha fatta, ma soprattutto l'ha scritta, come un vero giornalista, deve sentirsi dire che era anti-italiano. Eh sì, forse lo era,almeno lo era in parte, e forse effettivamente, lui era anche migliore. Non è che si sentisse, lui era. E mi viene da pensare che tu, infangando il suo nome con una retorica da perfetto italiano, vuoi sentirti migliore...è un male comune allora.

GMR ha detto...

Mi spiace per gli errori di battitura, che sono colpa mia. Quanto a "Jane Suskind", purtroppo siamo su fronti opposti: penso che il suo sia un ottimo esempio di critica catastrofica e sterile. Sentirsi migliori è solo un'emozione, e non delle migliori. Un esempio di auto-critica elegante? La "Storia del Regno di Napoli" di Benedetto Croce. Un miracolo di obiettività senza mai un cedimento a questo strano razzismo all'incontrario.

GMR ha detto...

Cara Jane, mi dici: "con una retorica da perfetto italiano". Italiano non è una qualità positiva o negativa, ma solo una appartenenza nazionale o geografica. Connotarla negativamente non è poi diverso che dare dell'abbronzato a Barack Obama.

GMR ha detto...

Concludo, con un po' di autocritica, spero serena e non catastrofica. Nell'articolo ho parlato solo di ciò che non condivido di Montanelli. Riconosco che probabilmente l'anti-italianismo di Montanelli non era troppo auto-compiaciuto, ed è stato inutilmente polemico da parte mia insinuarlo. Il confronto con la paziente ansiosa è, lo ammetto, offensivo e anche in fondo volgare. Ebbene si, sono stato volgare, tenendo anche conto che Montanelli era, a sua volta, notoriamente depresso. Detto questo, ritengo che l'anti-italianismo rimanga una forma retorica sterile e distruttiva. Si critica sulle singole cose.

GMR ha detto...

E invece non concludo ma proseguo, poiché leggendo Ridet del Monde non lo trovo del tutto in contrasto con ciò che scrivo. Ridet osserva che in realtà "gli italiani" (lasciamo correre questa generalizzazione) sarebbero prodighi di autocritiche ma non sopportano quelle altrui. Che è poi la mia ipotesi: l'auto-denigrazione è una forma di timore del confronto con gli altri. Nel mio scritto non ho sostenuto che non dobbiamo ascoltare le critiche altrui (quando siano espresse con cortesia). La reazione giusta alla critica (altrui) è un accorto silenzio -se la condividiamo- che non si separa mai dalla difesa della propria dignità, personale e, perché no, nazionale. Queste schermaglie giornalistiche internazionali sono espressione anche di una lotta di potere politico e culturale, inutile farsi illusioni.

GMR ha detto...

Non mi fermo più. A quanto pare Ridet non condivide del tutto il catastrofismo di Valli. Ecco il link: http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=343750

Jane Suskind ha detto...

Caro Gmr, ti ringrazio per avermi fatto presente l'intervista a Ridet del Giornale. Io lo leggo solo di giovedì, ho poca stima del quotidiano che -ricordo-è dei Berluscones, dunque poco obiettivo; stimo al massimo Nicola Porro, di cui ho letto qualche fondo. Comunque alla fine dell'intervista Ridet dice che è stato Valli a criticare, e questo è vero, e anzi io condivido le critiche di Valli, non di Ridet, perchè sono all'acqua di rose. L'analisi la fa Valli, Ridet è solo lo spunto informativo un po' superficiale.Mi permetto però di citarne una parte da cui poi Valli deduce il resto (che siamo in una forma di autoritarismo ecc).
"Le quotidien espagnol El Pais et l'hebdomadaire allemand Der Spiegel ont reçu une lettre de reproches des ambassadeurs d'Italie en Espagne et en Allemagne. Le premier pour avoir écrit que M. Berlusconi était un des leaders "les plus sinistres", le second pour avoir affiché à sa "une" un titre jugé méprisant pour l'Italie : "La Botte puante".
" Certo lettere di "rimprovero"(reproches) non sono proprio segno di giornalismo libero, e quindi di democrazia. Concordo quando Ridet dice che noi italiani siamo molto autocritici, ma piuttosto permalosi:è verissimo, ma non è il mio caso.Se qualcuno critica l'Italia per la monnezza, la mafia, il fatto che Berlusconi ha in mano il quarto potere(informazione) ecc, mica mi offendo, anzi: do man forte e cerco di motivare in profondità le loro critiche superficiali da chi legge quegli articoli stranieri da cabaret(e non tutti gli articoli stranieri son da cabaret). Per il resto le mie critiche non sono affatto sterili o catastrofiche, sono pensate e realiste. Nella "retorica da perfetto italiano" l'offesa stava nella totalità del sintagma, non nel singolo "italiano", che è un aggettivo qualificativo, senza connotazioni: piuttosto connoto negativamente la retorica, arte in cui noi italiani eccelliamo da sempre.Il che ci permette di discutere ore ore da Vespa, come nella vita, su stupidaggini, senza arrivare a una fine, senza arrivare ai fatti. Sì ma i fatti? Dico, vogliamo parlare ogni tanto anche di quello che succede o ci compiacciamo come il crocianesimo estetizzante? Il Croce mi ha buttato via "Le operette morali"! ha buttato via tanta di quella roba che mi chiedo se non volesse eliminare tutto per crogiolarsi nella sua prosa...darò comunque un occhio a quanto suggeritomi, proprio per amor d'illuminismo. Au revoir.

Jane Suskind ha detto...

Con l'occasione linko l'articolo di Valli:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/04/14/le-monde-scopre-che-criticare.html

GMR ha detto...

Cara "Jane Suskind", ognuno la pensa come vuole. Ognuno riprenda la sua strada con il suo zainetto. Non posso che dedicarti un sincero "all the best!" in una lingua barbara e salutarti con cordialità.

Retoricamente e italianamente tuo


GMR

Zamax ha detto...

Io direi che più che non "sopportare" le critiche altrui (verbo che farebbe pensare a qualche virtù "democratica") gli italiani vi siano grottescamente ipersensibili. Ricordo che in occasione del solito discorso di fine anno (2007) del capo dello stato, nel mio blog criticai Napolitano con queste parole:

"Voi ve lo immaginate un capo di stato europeo, in un discorso ufficiale, immiserirsi con la citazione di un "autorevole osservatore straniero" per puntellare la difesa della patria contro gli attacchi di altri malevoli osservatori stranieri? Per un senso di dignità, diffuso naturaliter anche negli staterelli malfermi sulle gambe spuntati ad Est dalle macerie del comunismo, ci passerebbe sopra con sovrana indifferenza."

L'Italia combina una storia in senso lato "nazionale" plurimillenaria (geograficamente l'Italia attuale è sostanzialmente la provincia dallo stesso nome dell'Impero Romano fin da Augusto) con la storia di uno stato unitario ancor giovane e gracile. E mille altri accidenti in mezzo. Di qui un senso di insicurezza ai limiti dell'autolesionismo, di cui il farsesco nazionalismo mussoliniano non è che l'altra faccia della medaglia. Se all'estero "ci prendono in giro" facendo tanto d'occhi ai nostri difetti, spesso senza vedere i loro, è perché in qualche modo questa insicurezza la trasmettiamo, e sul nostro ventre molle li invitiamo a camminarci sopra. Ma a differenza di molti io penso che in questi anni stia crescendo in Italia un sentimento nazionale più maturo.

Hai citato Montaigne, e nel modo migliore: "da qualche parte...". Al diavolo i pedanti della lettera.

Anonimo ha detto...

[OT] Sono Sergio RAME di Lecce (città). Attendo una risposta alla e-mail inviata per l'adesione al movimento. Ho letto la Carta e mi impegno a rispettarne gli scopi e i princìpi fondamentali.
Saluto e mi scuso di aver scritto qui.

Anonimo ha detto...

Jane Suskind mi puzza di troll. Ce ne sono alcuni anti-italiani, proprio come lei/lui, che girano per blog e siti gettando sterco sull'Italia, sperando di divulgare i loro pensieri, vere perle di pura imbellicità...
Agostino


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