Nel Principio c'è il Logos,
e il Logos è unito a Dio,
e Dio è il Logos stesso.
S. Giovanni (trad. F. Cavalla)
Sulla rinuncia del Papa a far visita all'università "La Sapienza" di Roma si è già scritto e detto moltissimo. Si sono occupati del caso un po' tutti, dai blogger di ogni schiera e colore a Bruno Vespa su Porta a Porta, ma in questo turbinoso dibattito di attualità mi sembra si sia perso di vista il nucleo centrale della questione intorno a cui ruota l'intera vicenda: la questione epistemologica. Cioè, per dirla in modo semplice, dovremmo chiederci quale possa essere il ruolo del Papa nel dibattito sulla ricerca scientifica e cognitiva, e se questo ruolo sia compatibile con la tanto sbandierata laicità del mondo accademico.
La posizione dei professori firmatari della famosa lettera inviata al Manifesto, nella quale si denunciava l'incompatibilità fra il ruolo del Pontefice e quello degli scienziati, è chiara: il Papa è una specie di stregone, che propugna superstizioni popolari a poveri stolti che se le bevono beotamente, e la scienza con questo non ha nulla a che fare. La scienza, infatti, ha come obiettivo la libera ricerca della Verità, mentre il clero impone una verità rivelata e non verificabile, astratta e dogmatica.
Eppure, una tale idea della scienza mi pare non solo antiquata, giacchè i professorini in questione sembrano essersi persi un bel pezzo delle riflessioni epistemologiche più moderne, ma anche palesemente arrogante ed ottusa. Come si può, oggi, dire che la scienza persegue la Verità, quando Godel ci ha tolto l'illusione che essa possa aspirare anche soltanto alla coerenza delle sue costruzioni? Come si può rimanere sulle posizioni di Galileo, che credeva di aver risolto il problema epistemologico guardando dentro un telescopio? Come facciamo, oggi, a credere nell'autosufficienza della scienza?
Sono domande alle quali dobbiamo dare una risposta, e la risposta data dai professorini romani mi sembra sconcertante, poichè sembra ripescata da un dibattito vecchio di quattrocento anni. La scienza non è e non sarà mai autosufficiente, e gli scienziati farebbero meglio a rendersene conto. Di essa, in epoca moderna, ci rimane una cosa soltanto: la tecnica, intesa come possibilità di manipolare la natura. La ricerca della Verità, al contrario, si conduce attraverso altre strade, che sono quelle del ragionamento filosofico in senso classico. Ragionamento che, a ben vedere, conicide con quello che il Papa cerca di proporre ai fedeli ma anche ai laici, e che poco c'entra con il dogma di fede. Esso si rifà, piuttosto, alla filosofia dialettica di Parmenide, Eraclito, Socrate, Platone, ecc. e cerca di risolvere la questione pregiudiziale fondamentale: cosa possiamo conoscere?
Ora, anche i più critici nichilisti dovranno convenire con me che tale domanda sia di fondamentale importanza per ogni scienziato che si rispetti. Porsela è indispensabile a chi, come i sedicenti scienziati contestatori, abbia la pretesa di ricercare la Verità. E quale momento migliore per confrontarsi su questo terreno se non quello dell'inaugurazione del nuovo anno accademico? Quale migliore relatore se non il Papa filosofo Benedetto XVI?
Ecco, allora, che vengo al dunque. Il Papa fra gli scienziati non è affatto un attentato alla laicità dell'università, nè tantomeno un rischio per l'autonomia della scienza, ma solo una grandiosa occasione di comunicazione ed arricchimento reciproco fra chi, seppure da prospettive diverse, ha pur sempre avuto il comune obiettivo di ricercare il bene comune, la Verità, il progresso. Con questo brutto epilogo ci hanno perso tutti, soprattutto quegli scherani della contestazione studentesca che, magari, avrebbero avuto la possibilità di allargare un pochino le loro vedute in campo gnoseologico.
Chi ha detto che questa è una vittoria della democrazia ha ragione, ma solo se per democrazia intendiamo quella dottrina, teorizzata da Rousseau, che ha fatto della prepotenza del più forte sul più debole la sua profonda ratio. Per il resto, resta la tristezza di una civiltà incapace di confrontarsi con chi ha idee diverse, e la responsabilità (almeno questa volta) non è della Chiesa.
La posizione dei professori firmatari della famosa lettera inviata al Manifesto, nella quale si denunciava l'incompatibilità fra il ruolo del Pontefice e quello degli scienziati, è chiara: il Papa è una specie di stregone, che propugna superstizioni popolari a poveri stolti che se le bevono beotamente, e la scienza con questo non ha nulla a che fare. La scienza, infatti, ha come obiettivo la libera ricerca della Verità, mentre il clero impone una verità rivelata e non verificabile, astratta e dogmatica.
Eppure, una tale idea della scienza mi pare non solo antiquata, giacchè i professorini in questione sembrano essersi persi un bel pezzo delle riflessioni epistemologiche più moderne, ma anche palesemente arrogante ed ottusa. Come si può, oggi, dire che la scienza persegue la Verità, quando Godel ci ha tolto l'illusione che essa possa aspirare anche soltanto alla coerenza delle sue costruzioni? Come si può rimanere sulle posizioni di Galileo, che credeva di aver risolto il problema epistemologico guardando dentro un telescopio? Come facciamo, oggi, a credere nell'autosufficienza della scienza?
Sono domande alle quali dobbiamo dare una risposta, e la risposta data dai professorini romani mi sembra sconcertante, poichè sembra ripescata da un dibattito vecchio di quattrocento anni. La scienza non è e non sarà mai autosufficiente, e gli scienziati farebbero meglio a rendersene conto. Di essa, in epoca moderna, ci rimane una cosa soltanto: la tecnica, intesa come possibilità di manipolare la natura. La ricerca della Verità, al contrario, si conduce attraverso altre strade, che sono quelle del ragionamento filosofico in senso classico. Ragionamento che, a ben vedere, conicide con quello che il Papa cerca di proporre ai fedeli ma anche ai laici, e che poco c'entra con il dogma di fede. Esso si rifà, piuttosto, alla filosofia dialettica di Parmenide, Eraclito, Socrate, Platone, ecc. e cerca di risolvere la questione pregiudiziale fondamentale: cosa possiamo conoscere?
Ora, anche i più critici nichilisti dovranno convenire con me che tale domanda sia di fondamentale importanza per ogni scienziato che si rispetti. Porsela è indispensabile a chi, come i sedicenti scienziati contestatori, abbia la pretesa di ricercare la Verità. E quale momento migliore per confrontarsi su questo terreno se non quello dell'inaugurazione del nuovo anno accademico? Quale migliore relatore se non il Papa filosofo Benedetto XVI?
Ecco, allora, che vengo al dunque. Il Papa fra gli scienziati non è affatto un attentato alla laicità dell'università, nè tantomeno un rischio per l'autonomia della scienza, ma solo una grandiosa occasione di comunicazione ed arricchimento reciproco fra chi, seppure da prospettive diverse, ha pur sempre avuto il comune obiettivo di ricercare il bene comune, la Verità, il progresso. Con questo brutto epilogo ci hanno perso tutti, soprattutto quegli scherani della contestazione studentesca che, magari, avrebbero avuto la possibilità di allargare un pochino le loro vedute in campo gnoseologico.
Chi ha detto che questa è una vittoria della democrazia ha ragione, ma solo se per democrazia intendiamo quella dottrina, teorizzata da Rousseau, che ha fatto della prepotenza del più forte sul più debole la sua profonda ratio. Per il resto, resta la tristezza di una civiltà incapace di confrontarsi con chi ha idee diverse, e la responsabilità (almeno questa volta) non è della Chiesa.
6 commenti:
Francesco, il papa è infallibile quindi detiene la Verità. Lo scienziato cerca la verità e lo fa senza fine.
Chi detiene la Verità ed è infallibile non è uno scienziato nè un sapiente. Ricordi cosa diceva Socrate?
Questo è un errore diffuso: il Papa non è infallibile. L'infallibilià è una prerogativa di cui si avvale solo rarissimamente nella storia, quando vuole fissare un dogma di fede che ritiene irrinunciabile, pena il crollo dei fondamenti dottrinali. Per il resto, tutti i fedeli riconoscono che l'uomo è fallibile (e il Papa è un uomo). A maggior ragione questo Papa, essendo Agostiniano, si rende conto che la Verità è qalcosa a cui aspirare sempre ma senza che (almeno in questa vita) noi la possiamo abbracciare nella sua totalità. Detto questo, io non voglio difendere il clero, che ha molte colpe, voglio solo porre un problema epistemologico: LA SCIENZA NON CERCA LA VERITA'. Su questo non transigo! Solo con la macchina del tempo potremmo incontrare un pensiero del genere, che potremmo definire "Galileiano". Galileo diceva che la natura è governata da leggi metematiche, e che pertanto c'è corrispondenza fra ragione e realtà. Poi arrivarono le geometrie non euclidee, che misero in crisi l'idea che leggi matematiche universali reggano l'universo, e la scienza si accontentò di ricercare la COERENZA delle sue costruzioni. Ma poi vennero Russel (che sganciò la logica umana dalla matematica) e Godel, che abbattè anche l'ultimo baluardo della scienza: la certezza della COERENZA.
Dire oggi he la scienza persegua la Verità è poco più che medievale!
Confermando che l'Infallibilità del Papa riguarda solo le posizioni da egli assunte nel fissare dogmi di fede, vorrei richiamare al semplice fatto (banale) che a prescindere dalle posizioni o dalle infallibilità, presunte o conclamate di qualcuno, il comportamento di questi maiali, (porfessori è un termine che eviterei di usare), è antiscientifico prima ancora che antidemocratico. Antiscientifico perchè evitando il dibattito hanno di fatto prodotto un loro "dogma ateistico" indiscutibile (hanno TAPPATO LA BOCCA al Pontefice)negando la possibilità di confronto scientifico e, quel che è peggio, smaccatamente antidemocratico, visto che 63 o 67 di quei suddetti maiali schifosi hanno calpestato il diritto di altri 4400 docenti perfettamente favorevoli e dei loro studenti. La verità è che i comunisti sanno essere democratici solo quando gli si impedisce di parlare. Quando vedo atti di questo genere quasi rimpiango i bei tempi andati in cui sti' maledetti erano usati come combustibile per altoforni..
Il problema, caro anonimo (rinnovo l'invito a firmarsi, almeno con uno pseudonimo) è che in questo caso non è solo questione di "comunisti". Purtroppo anche certa parte del mondo liberale si è schierata contro la visita del Papa, spinta forse dalla antipatia di certe sue esternazioni antiliberali. Personalmente, condivido assai poco di ciò che lui dice, ma credo che un liberale non dovrebbe mai impedire a qualcuno di esprimere il proprio pensiero (ricordiamo la lezione di Voltaire!). Resta il fatto che, comunque, il clero in Italia ha uno spazio smisurato, e ciò crea una comprensibile esasperazione in alcune persone. Il problema, insomma, è a monte: la questione contingente sembra per lo più un pretesto.
scusate ma non ho capito la citazione iniziale...
Il prologo al Vangelo di Giovanni è una sintesi meravigliosa fra pensiero classico (Parmenide, Eraclito...) e cristiano, e ci fa comprendere come non ci possa essere intelligenza (Logos) senza Dio. Di conseguenza, non si può prescindere, nella riflessione epistemologica, dall'esistenza di un Principio (Arkè).
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