Il nostro assetto costituzionale, lo sappiamo, non sembra aver tenuto in gran conto i pochi princìpi che Montesquieu pose a pilastri dello Stato di Diritto. Da noi non c’è una vera separazione fra il Governo e il Parlamento, perché l’organo legislativo non solo è legato dal c.d. rapporto di fiducia con l’esecutivo, ma deve anche votare tutto ciò che quest’ultimo propone, pena l’insorgere di gravi conseguenze politiche o, nella peggiore delle ipotesi, della crisi parlamentare. Inoltre, il Governo ha delle vere e proprie prerogative da legislatore, come la possibilità di emanare regolamenti, decreti legge e decreti legislativi delegati, prerogative che solo debolmente vengono controbilanciate da meccanismi di controllo parlamentare. Perché, diciamocelo chiaramente, è il Governo a tenere il Parlamento per le palle, e non viceversa.
E il motivo è principalmente uno solo: che sono gli stessi componenti del Governo a nominare i parlamentari e a decidere della loro carriera, sicché è davvero difficile pensare che un deputato morda la mano che gli dà da mangiare e si accolli per di più davanti all’opinione pubblica il marchio dell’infamia. Eh già, perché ormai la gente si è così abituata a questo sistema perverso che se un parlamentare dovesse mettersi a pensare (e a votare) con la propria testa, anziché essere apprezzato per la sua autonomia verrebbe subito attaccato come “franco tiratore”, “traditore” e “venduto”.
Eppure, questa autonomia si dà per scontata negli Stati Uniti e in molti altri paesi dove vige la separazione fra l’organo esecutivo e quello legislativo. Ciascun parlamentare decide liberamente se sostenere o meno un dato provvedimento, e in questo modo è molto più facile evitare che il potere si accentri nelle mani di pochi, come avviene invece da noi.
Ma perché da loro questo è possibile? Come dicevo prima, il punto è che se un parlamentare è eletto, ed ha cioè un mandato popolare, è libero. Se invece viene nominato dallo stesso gruppetto di potere che poi lui dovrebbe essere chiamato a “controllare” si rientra in quel meccanismo perverso di cui parlavo sopra.
Forse esagero quando dico che sono i membri del Governo a nominare i parlamentari, ma non crediate che la realtà sia molto diversa. Il fatto è che, in Italia, il potere è concentrato nelle mani di pochissimi. E questi pochissimi sono i dirigenti di partito, i quali compilano i listini bloccati e, in caso di vittoria alle elezioni, vanno anche a comporre l’esecutivo. Quindi, semplificando, si potrebbe anche dire che Governo, partiti e maggioranza parlamentare siano parte di un unico marasma istituzionale basato sulla cooptazione e sul reciproco scambio di favori.
Ecco perché io sono contrario all’abolizione delle preferenze in favore delle liste bloccate, e ho deciso di schierarmi nel fronte “democratico” interno al centrodestra. Perché, è bene ricordarlo, nel centrodestra ci sono opinioni diverse, e non sono pochi quelli che la pensano come me. Anzi, credo che in realtà siano la maggioranza, almeno degli iscritti. Soltanto che, ancora una volta, non conta la base, né l’etica politica: contano solo gli interessi di chi è più alto in grado. E chi sta in alto, naturalmente, vuole mantenere il potere di nominare i parlamentari, e anche il centrodestra che dovrebbe essere liberale diventa ogni giorno più arrogante nel disprezzare i suoi elettori, i suoi sostenitori e i suoi militanti.
Nè, purtroppo, le cose non vanno meglio a sinistra. Un esempio valga per tutti: nella regione più rossa d’Italia, la Toscana, il Consiglio Regionale non è eletto, ma viene interamente scelto coi listini bloccati (caso unico in Italia). Inoltre, per essere sicuri di accontentare proprio tutti, i toscani hanno anche aumentato considerevolmente il numero dei consiglieri, portandolo alla ragguardevole cifra di 65. Perciò non è il caso di farne una questione partigiana, perchè su questo (i vertici di) destra e sinistra sono perfettamente d’accordo.
Anche se, ad onor del vero, bisogna ammettere che la sinistra ha almeno fatto finta di fare le primarie. Due volte. Berlusconi invece ha sempre ripetuto che le primarie sono una farsa, e le preferenze una truffa. Sul secondo punto si potrebbe discutere, perché non sono prive di fondamento le critiche di chi fa notare che prima di poter prendere le preferenze è comunque necessario essere messi in lista, e la lista è decisa dal partito. Ma sulla questione delle primarie, io sono abbastanza convinto nel sostenere una tesi diversa da Berlusconi.
Esse sono una farsa se vogliamo che lo siano, ma ciò non toglie che si possano organizzare seriamente, e ad ogni livello amministrativo. Cioè, per scegliere il candidato Sindaco, quello per il Presidente della provincia, per il Governatore della regione e, naturalmente, per il candidato alla Presidenza del Consiglio. Negli Stati Uniti questo sistema ha sempre funzionato alla grande. Spesso li prendiamo ad esempio a sproposito, ma quando non fa più comodo allora rispolveriamo il vecchio luogo comune che “il nostro sistema è diverso” per giustificare le nostre mafiosità.
Che il nostro sistema sia diverso, non c’è dubbio. Rimane da chiedersi se sia migliore, e a questa domanda io do certamente risposta negativa. Spesso guardiamo gli americani dall’alto in basso, tronfi dell’infelicissimo epiteto che ci siamo assegnati, “la vecchia Europa”, come se noi avessimo il privilegio di un’esperienza storico-istituzionale infinitamente superiore alla loro. E invece è vero il contrario, perché è bene ricordare che la Costituzione americana ha più di 200 anni, contro i 60 della nostra. Dico questo perché i sostenitori delle liste plebiscitarie portano come giustificazione più frequente quella della necessità di dare stabilità al Governo, ma a me non risulta che negli Stati Uniti esista questo problema.
E allora, ecco cosa dovrebbe fare un Governo onesto: riformare la costituzione per separare le funzioni di Governo e quelle del Parlamento; ripristinare l’elezione diretta dei parlamentari; istituzionalizzare le primarie ad ogni livello territoriale.
Non nutro speranze che questo avvenga, naturalmente. Ma voglio sostenere questa causa persa fin che posso, un po’ sensibilizzando gli amici e un po’ pungolando i miei colleghi di partito. In particolare, cerco di far capire ai più giovani che questa è una battaglia imprescindibile soprattutto per loro. Perché, allo stato attuale della conoscenza umana, si conoscono solo due modi per selezionare le nuove leve della politica: la democrazia e la cooptazione. E un giovane non deve svilirsi a baciare l’anello ai gerarchi di partito, nella speranza di ricevere da loro qualche osso spolpato; deve potercela fare con le sue gambe, confrontandosi con l'elettorato e presentando liberamente le sue idee. Altrimenti passeranno solo i più servili e i più innocui per il sistema, e ne verrà neutralizzata ogni spinta riformatrice e liberale.
E il motivo è principalmente uno solo: che sono gli stessi componenti del Governo a nominare i parlamentari e a decidere della loro carriera, sicché è davvero difficile pensare che un deputato morda la mano che gli dà da mangiare e si accolli per di più davanti all’opinione pubblica il marchio dell’infamia. Eh già, perché ormai la gente si è così abituata a questo sistema perverso che se un parlamentare dovesse mettersi a pensare (e a votare) con la propria testa, anziché essere apprezzato per la sua autonomia verrebbe subito attaccato come “franco tiratore”, “traditore” e “venduto”.
Eppure, questa autonomia si dà per scontata negli Stati Uniti e in molti altri paesi dove vige la separazione fra l’organo esecutivo e quello legislativo. Ciascun parlamentare decide liberamente se sostenere o meno un dato provvedimento, e in questo modo è molto più facile evitare che il potere si accentri nelle mani di pochi, come avviene invece da noi.
Ma perché da loro questo è possibile? Come dicevo prima, il punto è che se un parlamentare è eletto, ed ha cioè un mandato popolare, è libero. Se invece viene nominato dallo stesso gruppetto di potere che poi lui dovrebbe essere chiamato a “controllare” si rientra in quel meccanismo perverso di cui parlavo sopra.
Forse esagero quando dico che sono i membri del Governo a nominare i parlamentari, ma non crediate che la realtà sia molto diversa. Il fatto è che, in Italia, il potere è concentrato nelle mani di pochissimi. E questi pochissimi sono i dirigenti di partito, i quali compilano i listini bloccati e, in caso di vittoria alle elezioni, vanno anche a comporre l’esecutivo. Quindi, semplificando, si potrebbe anche dire che Governo, partiti e maggioranza parlamentare siano parte di un unico marasma istituzionale basato sulla cooptazione e sul reciproco scambio di favori.
Ecco perché io sono contrario all’abolizione delle preferenze in favore delle liste bloccate, e ho deciso di schierarmi nel fronte “democratico” interno al centrodestra. Perché, è bene ricordarlo, nel centrodestra ci sono opinioni diverse, e non sono pochi quelli che la pensano come me. Anzi, credo che in realtà siano la maggioranza, almeno degli iscritti. Soltanto che, ancora una volta, non conta la base, né l’etica politica: contano solo gli interessi di chi è più alto in grado. E chi sta in alto, naturalmente, vuole mantenere il potere di nominare i parlamentari, e anche il centrodestra che dovrebbe essere liberale diventa ogni giorno più arrogante nel disprezzare i suoi elettori, i suoi sostenitori e i suoi militanti.
Nè, purtroppo, le cose non vanno meglio a sinistra. Un esempio valga per tutti: nella regione più rossa d’Italia, la Toscana, il Consiglio Regionale non è eletto, ma viene interamente scelto coi listini bloccati (caso unico in Italia). Inoltre, per essere sicuri di accontentare proprio tutti, i toscani hanno anche aumentato considerevolmente il numero dei consiglieri, portandolo alla ragguardevole cifra di 65. Perciò non è il caso di farne una questione partigiana, perchè su questo (i vertici di) destra e sinistra sono perfettamente d’accordo.
Anche se, ad onor del vero, bisogna ammettere che la sinistra ha almeno fatto finta di fare le primarie. Due volte. Berlusconi invece ha sempre ripetuto che le primarie sono una farsa, e le preferenze una truffa. Sul secondo punto si potrebbe discutere, perché non sono prive di fondamento le critiche di chi fa notare che prima di poter prendere le preferenze è comunque necessario essere messi in lista, e la lista è decisa dal partito. Ma sulla questione delle primarie, io sono abbastanza convinto nel sostenere una tesi diversa da Berlusconi.
Esse sono una farsa se vogliamo che lo siano, ma ciò non toglie che si possano organizzare seriamente, e ad ogni livello amministrativo. Cioè, per scegliere il candidato Sindaco, quello per il Presidente della provincia, per il Governatore della regione e, naturalmente, per il candidato alla Presidenza del Consiglio. Negli Stati Uniti questo sistema ha sempre funzionato alla grande. Spesso li prendiamo ad esempio a sproposito, ma quando non fa più comodo allora rispolveriamo il vecchio luogo comune che “il nostro sistema è diverso” per giustificare le nostre mafiosità.
Che il nostro sistema sia diverso, non c’è dubbio. Rimane da chiedersi se sia migliore, e a questa domanda io do certamente risposta negativa. Spesso guardiamo gli americani dall’alto in basso, tronfi dell’infelicissimo epiteto che ci siamo assegnati, “la vecchia Europa”, come se noi avessimo il privilegio di un’esperienza storico-istituzionale infinitamente superiore alla loro. E invece è vero il contrario, perché è bene ricordare che la Costituzione americana ha più di 200 anni, contro i 60 della nostra. Dico questo perché i sostenitori delle liste plebiscitarie portano come giustificazione più frequente quella della necessità di dare stabilità al Governo, ma a me non risulta che negli Stati Uniti esista questo problema.
E allora, ecco cosa dovrebbe fare un Governo onesto: riformare la costituzione per separare le funzioni di Governo e quelle del Parlamento; ripristinare l’elezione diretta dei parlamentari; istituzionalizzare le primarie ad ogni livello territoriale.
Non nutro speranze che questo avvenga, naturalmente. Ma voglio sostenere questa causa persa fin che posso, un po’ sensibilizzando gli amici e un po’ pungolando i miei colleghi di partito. In particolare, cerco di far capire ai più giovani che questa è una battaglia imprescindibile soprattutto per loro. Perché, allo stato attuale della conoscenza umana, si conoscono solo due modi per selezionare le nuove leve della politica: la democrazia e la cooptazione. E un giovane non deve svilirsi a baciare l’anello ai gerarchi di partito, nella speranza di ricevere da loro qualche osso spolpato; deve potercela fare con le sue gambe, confrontandosi con l'elettorato e presentando liberamente le sue idee. Altrimenti passeranno solo i più servili e i più innocui per il sistema, e ne verrà neutralizzata ogni spinta riformatrice e liberale.
7 commenti:
Bell'articolo, bravo Fra! Confido decisamente nei "franchi tiratori", il problema è ke, secondo me, ce ne saranno anche nel PD, e quindi temo ke la "porcata-bis" passi cmq. A proposito di "porcate": il tuo esempio della Toscana calza a pennello. Il "Porcellum", infatti, Calderoli l'ha mutuato proprio dalla legge elettorale regionale toscana...
Era meglio prima perchè c'erano le preferenze.Secondo me oggi il voto non è completamente libero (ne a destra e nemmeno a sinistra),si parla tanto di democrazia ma che democrazia è questa se non posso votare chi voglio?
In America esistono le primarie da tanto tempo e ,questo grande paese, (pur con le sue pecche)ci sta dando una grande lezione di democrazia. Sarò settaria ma la vittoria di questo afroamericano di nome Obama (penso che è sicuro che vincerà lui)porterà una ventata di novità e un vento di libertà per gli Stati Uniti e per il mondo intero. Perchè l'Italia che prende sempre esempio dagli Stati Uniti per le cose peggiori non lo fa invece per le cose migliori?
Caro francesco, davvero un bell'articolo che mi trova pienamente d'accordo.
Il listino bloccato non ha nulla che fare con la democrazia. Sono con te in questa "battaglia".
Il problema è che auterevoli firme, anche del mondo liberale, stanno facendo una battaglia spietata contro le preferenze. Sarei con loro se poi sostenessero le primarie, ma invece non mi sembra che su quest'ultimo argomento insistano con la stessa forza. E allora mi viene da pensare che i casi sono due: o non capiscono il senso del principio democratico, e in tal caso devo ridimensionare di molto la mia stima nella loro intelligenza, oppure sono in malafede. Perchè, se ci pensiamo, con i listini bloccati il mondo del giornalismo e quello della politica sono diventati "interscambiabili": i giornalisti che "si comportano bene" vengono spesso premiati con una comoda poltroncina in parlamento, e i politici con questo sistema riescono ad avere il sostegno della stampa senza nemmeno doverlo chiedere direttamente. Il tutto, grazie all'abolizione del principio democratico. Possibile che un tale sovvertimento dell'ordine costituzionale interessi così poco all'opinione pubblica?
Caro Francesco non credo ci sia bisogno di dirti che condivido, in molte occasioni abbiamo avuto modo di parlarci in questo senso. Il progetto di togliere le preferenze anche per le europee credo stia miseramente naufragando (come merita). Colui che porta avanti questa battaglia volta a distruggere la partecipazione e più in generale la Politica è Denis Verdini che coltiva quel progetto di rinascita sociale che oggi ha avuto un gran ritorno sulle cronache (Licio Gelli su Odeon Tv). Chi come noi si impegna in politica perchè fondamentalmente crede ancora nella forza delle idee deve battersi con ogni arma contro tutti i Verdini che per un mero tornaconto personale saranno disposti a barattare 60 anni di vita democratica di un paese per una lurida poltrona.
Caro Francesco,
come ho avuto occasione di dirti, un "centro liberale democratico", oltretutto laico e progressista, è esistito, ma non ha avuto lunga vita (e come avrebbe potuto farcela, in questo paese?): fu il Partito d'Azione, di Ernesto Rossi, Ugo La Malfa, Ada Gobetti, Fratelli Rosselli, ecc.
Bisognerebbe rifondarlo, ma come si può fare?
Complimenti sempre per il sito, un abbraccio.
Gustavo.
Ciao Gustavo, bentornato su MA. Credo che il partito d'azione esista ancora, ma non ne sono sicuro. Lo saprà di certo Massimo Messina, col quale andresti d'accordo... (Massimo, se ci leggi ancora fatti sentire).
In ogni caso, sembra che non sia più il tempo dei partiti. Andiamo verso un sistema con due grossi contenitori, con al loro interno le correnti. Mi andrebbe anche bene, se le correnti fossero organizzate su base ideologica e programmatica e se si confrontassero con metodi democratici, ma purtroppo è vero il contrario: le correnti sono "personalistiche" e si scontrano con metodi che con la democrazia hanno poco a che fare... Perciò io, per ora, vedo solo un gioco di potere.
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