venerdì 27 marzo 2009

CONGIUNZIONE DI DUE MONDI

Dopo una convivenza di prova durata un quindicennio, Forza Italia e Alleanza Nazionale sono in procinto di convolare a nozze. Saranno giuste nozze? Tutto dipende dagli assetti organici che il nuovo partito metterà a regime di prassi interna, con speciale riferimento alla cultura politica che l’attribuzione delle relative funzioni decisionali intenderà rispecchiare.

No, non mi interessa perorare la causa di questa o quella particolare “anima” ideologica destinata a confluire nel nuovo soggetto unitario. È difficile comprendere come un partito a vocazione maggioritaria possa costituirsi se non alla stregua di laboratorio dialettico in cui operare una sintesi di posizioni anche molto lontane tra loro. Il modo corretto di conquistare una prevalenza culturale all’interno delle grandi compagini dovrebbe consistere nel massimizzare il consenso della base votante, a partire da proposte di governo abbastanza equanimi – leggasi asciutte, essenziali, sintetiche – da mettere d’accordo il conservatore e il libertario, il credente e l’ateo.

Tornerò poi sui rischi di questo modello, a titolo puramente speculativo. Perché se ne possa dibattere fondatamente, infatti, occorrerebbe che l’attuale scenario evolvesse in una direzione “americana” nient’affatto alle viste. Vigenti il berlusconismo e il finanziamento pubblico dei partiti, il Pdl non potrà essere che una cupola politica. Rimane da capire se il mandamento prossimo venturo avrà la sua falsariga nell’impostazione forzista o in quella aennina.

La seconda alternativa si riduce a una mera ipotesi da vagliare per amor di discussione, a dire il vero: il sistema di coordinamento fortemente gerarchico tipico di AN può funzionare con partiti medio-piccoli ad alto tenore di collante identitario, o comunque ben circoscritti territorialmente (come la Lega). La ratio del “rompete le righe” finiano di Domenica scorsa, al netto dei motteggi politicamente corretti con cui l’ex pupillo di Almirante sta costruendosi una reputazione da statista irreprensibile, trae senso pratico dalla consapevolezza di cui sopra.

Cammina sul filo della riedizione forzista, allora, il nuovo partito? Sì, tranne che per un aspetto con le carte in regola per rivelarsi dirimente. Prima dello scioglimento, Forza Italia somigliava alla Britannia anglosassone dopo l’invasione normanna, divisa com’era in due caste poco o punto permeabili l’una all’altra. La prima era formata da una sorta di aristocrazia patrizia, divisa tra Parlamento e Consigli Regionali, composta da notabili con lo strapuntino garantito. Persone che non avevano alcun motivo per stare a contatto con la gente, per partecipare alle cene o agli happening elettorali né, in generale, per ritenere la loro posizione meno che garantita. La seconda era l’erede del mercato delle tessere pentapartitico: più dinamica nel suo incessante allestimento di cartelli clientelari, si mostrava assai propensa alla mondanità e dominava la vita politica del partito a livello periferico. I baroni contro il re e la sua corte, per rimanere alla similitudine con l’Inghilterra medievale.

Bene, se – come dice Berlusconi – il Pdl non avrà tessere ma adesioni online, la seconda casta sparirà. O, più realisticamente, dovrà fare i conti con la “società civile” ben al di là di qualche risottata a sbafo o comizietto a gettone. Un po’ di ottimismo, per i vari movimenti d’opinione che costellano la galassia del centrodestra senza godere della benché minima rappresentanza, costa senz’altro meno della grama prospettiva di rimettersi a far valere le quote millesimali – o meglio infinitesimali – di loro strettissima, condominiale spettanza nel vecchio (e pilotato) gioco di nomine e candidature. Partire dalle amministrazioni locali per dare la scalata alla grande politica con qualche speranza di riuscita in più che in passato: non è molto e non è facile, e a questo proposito io e soprattutto Francesco avremmo più di una parola da spendere, ma sono i soli strumenti concreti in grado di salvare i giovani dallo stress dei “saggi” e dei “convegni” su cui l’elitismo, come acutamente sottolineato da Gionata Pacor, può indurre molte belle menti a fossilizzarsi.

Il ceto dei “marchesi”,in ogni caso, rimarrà al suo posto e, perlomeno nel breve-medio termine, continuerà a dettare legge ai piani alti. La democrazia interna ha tempi e costi troppo elevati, che peraltro minerebbero alle fondamenta la cifra stessa del berlusconismo (ovvero accentramento e rapidità decisionali, per chi negli ultimi quindici anni si fosse dedicato all’eremitaggio). Questo non esime certo la dirigenza del centrodestra dal proporre idee di governo convincenti ad ampio spettro rischiando, per tornare al tema “speculativo” anticipato poc’anzi, di enunciare programmi indefiniti, sufficientemente vaghi ma suggestivi da compiacere la più estesa platea elettorale possibile e per dare sostanzialmente carta bianca agli “uomini soli al comando” loro depositari (Ségolène Royal, Barack Obama, David Cameron e, per molti versi, lo stesso Cav. sono ottimi esempi presenti di tale paradigma).

Più che altro il permanere dell’oligarchia cooptata ai vertici del Pdl priverà nuovamente un intero blocco sociale della possibilità di scegliere autonomamente la propria classe dirigente. Un motivo in più per lavorare ventre a terra negli enti locali, aspettando il Godot della contendibilità a tutto campo del fronte moderato che, nei sogni di molti, dovrebbe aprirsi con il dopo-Berlusconi.

2 commenti:

Francesco ha detto...

Sono tornato... Ho visto anche Piercamillo Falasca, Capezzone e Della Vedova. Ho saputo che c'era anche Jean Zito, ma non ci siamo beccati...

Comunque è stata una iniziativa in grande stile, non c'è che dire. Ovviamente tutto è stato puntato sulla suggestione e sulle emozioni piuttosto che sul confronto politico. Berlusconi, unico candidato, è stato votato per acclamazione. Non è stata presentata alcuna mozione. Solo alcuni oratori istituzionali non hanno rinunciato ad andare oltre la semplice demagogia per parlare di politica, come Fini (sulla laicità) e Formigoni (sulle preferenze, per lui necessarie se non si sceglie la strada delle primarie). Per il resto è stata una grande festa, anche divertente, ma nulla di più.

Infine, da notare la massiccia presenza di elementi femminili davvero gradevoli. (X Elisabetta: me le hanno fatte notare gli altri, altrimenti io non le avrei notate assolutamente)

madhek ha detto...

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