lunedì 30 marzo 2009

L'ONDA

Recensire Die Welle non è facile. Un po’ perché il film si presta a commenti ormai frusti sulla inquietante realtà del totalitarismo e rischia quindi di tralignare nell’odioso luogocomunismo sul tema, un po’ perché gli argomenti che ivi si affrontano (o che viceversa non vengono proprio toccati) sono davvero molti e difficilmente possono essere riassunti in poche righe.

Il lungometraggio, uscito in Germania nel marzo 2008, è stato accolto con freddezza da tanta parte della critica, che da un lato ne ha sottolineato il pressappochismo nella costruzione della trama (a tratti effettivamente poco credibile) e dall’altro ha rilevato l’incapacità del regista Dennis Gansel di indagare a fondo i fenomeni psicologici, morali e sociali che hanno animato questa surreale esperienza scolastica. Mi pare invece un rimbrotto assai poco giustificato quello mosso da Christoph Cadenbach sul settimanale Der Spiegel. L’Onda non rappresenta affatto, come si sostiene, un’assoluzione del mondo contemporaneo e delle società fondate sulla primazia del libero mercato. Certo, la base sulla quale si cementa il sacro vincolo del gruppo è e deve pur essere quello della lotta contro un sistema ingiusto ed oppressivo, che troppo poco (se non marginalmente verso la fine) viene in primo piano durante il film.

Che cosa ha spinto i ragazzi di quella classe di liceo a ribellarsi e fare quadrato? Quali sono le ragioni profonde che li hanno tenuti legati in maniera così ossessiva per giorni e giorni? A questi interrogativi, non viene in effetti data una risposta sufficientemente esaustiva. O meglio, molto è demandato all’immaginazione e alla perspicacia del pubblico. Il che non è di per sé sbagliato. La cinematografia deve saper anche vellicare la fantasia e la capacità di astrazione dello spettatore. Ma lo deve fare con acume e raffinatezza intellettuali. L’impressione è che qui troppo sia invece stato lasciato al caso. La trama pare infatti semplicisticamente costruita intorno alla dimostrazione della tesi iniziale, senza attenzione e cura per i particolari.

Detto ciò, il messaggio della pellicola è chiaro e netto. La retorica del gruppo e l’afflato comunitaristico, per quanto desiderabili, sono sempre destinati a conculcare la libertà, derubricandola con disgusto a pernicioso egoismo. L’individualismo cocciuto e il legittimo desiderio di competizione della- per molti versi- randiana Karo, spigliata allieva del professor Wenger che non ci sta e combatte contro l’Onda, sono disprezzati e aborriti dalla massa. Eppure solo il germe della diversità e dell’iniziativa individuale sono in grado di ribaltare il tragico susseguirsi degli eventi, riportando i giovani disillusi al pragmatismo della quotidianità.

Ecco allora che la critica al mondo contemporaneo non è affatto stata tralasciata o posta in secondo piano, come di primo acchito potrebbe sembrare. Dietro al paravento della modernità e agli idolatrati successi della società democratica, anche l’Occidente rischia di precipitare verso il dirupo del collettivismo. Solo una dose di sano e titanico individualismo può impedire il compiersi definitivo di questa parabola discendente. Tocca a noi rimboccarci le maniche.

1 commenti:

Francesco ha detto...

Non avevo mai sentito parlare di questo film, ma mi incuriosisce. Lo vedrò prossimamente e poi vi dirò anche io la mia... Potrebbe essere uno spunto per organizzare un'assemblea d'istituto in qualche liceo.


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